Germacar immobiliare impugna il fallimento I giudici lo confermano

La società voleva un accordo di ristrutturazione del debito La Corte d’appello: oggettivamente impossibile omologarlo 



La Corte d’appello di Trieste ha suggellato il fallimento della Germacar immobiliare srl in liquidazione, con sede in città. I debiti superano i 12,5 milioni di euro. La società ha fatto reclamo contro la sentenza del tribunale di Pordenone che ne aveva dichiarato il fallimento il 31 maggio scorso.

Inizialmente Germacar immobiliare aveva presentato domanda di concordato preventivo. Sciolta la riserva, aveva poi optato per un accordo di ristrutturazione del debito. Il 2 maggio il tribunale di Pordenone aveva però dichiarato inammissibile la richiesta di omologa dell’accordo. Diniego notificato all’Agenzia delle entrate e alla Procura, che ha promosso la dichiarazione di fallimento. Il 16 maggio la società immobiliare ha impugnato il decreto, ma dopo la dichiarazione di fallimento, 15 giorni dopo, il caso è stato chiuso per improcedibilità. A giugno Germacar, rappresentata dall’avvocato Andrea Poletto, ha depositato il ricorso in appello. Il procuratore generale di Trieste Dario Grohmann ha concluso per il rigetto del reclamo. Con l’avvocato Francesco Santini si è costituito il curatore fallimentare Antonio Piccinini. Il caso è stato discusso il 18 settembre, in seconda sezione civile. Il collegio presieduto da Patrizia Puccini (a latere Salvatore Daidone e Giuliano Berardi), ha respinto il reclamo, condannando la Germacar a rifondere le spese di giudizio (4 mila euro).

Così i giudici hanno ricostruito la vicenda. Sono partiti dalle molteplici ragioni che avevano spinto il tribunale di Pordenone a rigettare l’istanza di omologazione: accordo, piano e relazione del professionista non erano state pubblicate nei termini nel registro delle imprese; carenti le condizioni per l’accesso alla transazione fiscale, perché una società terza aveva pagato alcuni debiti della Germacar, alterando l’ordine dei privilegi; il valore degli immobili in vendita non era sufficiente a garantire la realizzazione del piano; nella relazione dell’attestatore la valutazione di fattibilità era condizionata all’accettazione della proposta di accordo sui crediti di natura fiscale, con il dubbio circa il pagamento integrale dei creditori estranei, e l’adesione del Fisco alla proposta di transazione non era giunta alla presentazione della domanda.

Germacar ha obiettato che l’attestazione condizionata si spiegava con il tempo trascorso fra le due procedure (concordato e ristrutturazione del debito), che il tribunale non ha interpretato correttamente le modalità di pubblicazione nel registro delle imprese e ha confuso il valore di stima dell’immobile in via Cusano a Zoppola (1,3 milioni di euro) con altre considerazioni basate sul canone di affitto.

La procedura fallimentare, con l’avvocato Santini, ha ribattuto che nel piano c’erano previsioni non conformi agli accordi raggiunti con i singoli creditori e che l’attestatore non poteva esimersi dalla valutazione di fattibilità anche sull’accordo con il Fisco, visto che l’adesione deve verificarsi per legge prima dell’omologazione.

Per la Corte d’appello la domanda «non poteva essere oggettivamente omologata». Gli accordi presi con i creditori non combaciavano con le previsioni del piano sottoposto al vaglio del tribunale e tali difformità, ad avviso dei giudici, rappresentavano «un ostacolo insuperabile».

I giudici hanno osservato, poi che sui crediti fiscali la formazione dell’accordo deve intervenire in tempo utile per consentire al tribunale di esprimersi in sede di omologazione sulla convenienza della proposta rispetto alle alternativa praticabili.

«La mancanza di tale condizione essenziale – ha concluso la Corte – rappresentava un ulteriore ostacolo per l’omologazione». —



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