Gianpaolo Pozzo: «Quella lettera che il presidente Carter scrisse per lodare i nostri trapani»

Il Paròn ricorda la missiva arrivata alla Freud nel 1982 dalla Georgia. «Vale quanto un gol di Di Natale ed è un orgoglio per la nostra terra»

Antonio Simeoli
La lettera che Jimmy Carter ha scritto nel 1982 alla Freud di Pozzo. A destra sopra Gianpaolo Pozzo, sotto Jimmy Carter
La lettera che Jimmy Carter ha scritto nel 1982 alla Freud di Pozzo. A destra sopra Gianpaolo Pozzo, sotto Jimmy Carter

Il ruggito del vecchio imprenditore è impagabile. Perché quando ha saputo della morte, a 100 anni, dell’ex presidente americano, e premio Nobel per la pace nel 2002, Jimmy Carter è sobbalzato sulla poltrona. Come per un gol della sua Udinese, molto più, sì molto più dei recenti errori dei suoi difensori che gli rovineranno (parzialmente) il Capodanno.

Ma quella lettera, con tutta la vagonata di orgoglio friulano che da oltre quarantadue anni si porta dietro, è lì a fare bella mostra di sé nel suo studio nella pancia dello Stadio Friuli, che lui ha fatto diventare il moderno Bluenergy Stadium anticipando i tempi, esattamente come faceva con i suoi utensili mezzo secolo fa. Quella missiva, arrivata direttamente da Atlanta, dalla Georgia terra d’origine del presidente americano da 1977 al 1981, è una laurea honoris causa all’industriale e una lode alla laboriosità della terra friulana in cui l’impresa di Gianpaolo Pozzo è nata e cresciuta in modo esponenziale oltre mezzo secolo fa.

Il fatto è allo stesso tempo semplice e meraviglioso. Jimmy Carter, quello che aveva in mano le sorti del mondo e all’inizio dell’ultimo decennio di Guerra Fredda, che iniziò il 19 giugno 1979 con il mitico abbraccio di Vienna a Breznev, aveva un grande hobby: il bricolage. Roba da americani veri. Il suo passatempo, rilassante, era costruire cose in legno. Per farlo, ovviamente, utilizzava i migliori utensili in circolazione.

I friulani, specie di una certa età, ne sanno qualcosa. E sanno bene quanto sappia essere pignolo nella scelta degli arnesi un vero appassionato.

Bene, Carter si trovò talmente bene con gli utensili Freud, trapani e altro – cioè i cavalli di battaglia dei Pozzo, già all’epoca presenti in modo massiccio nello sterminato mercato americano, dove se c’è una cosa che non manca nei grandi megastore sparsi ovunque è quella – da prendere carta intestata e penna e scrivere di suo pugno, il 2 agosto 1982, un anno e mezzo dopo che il Presidente aveva lasciato la Casa Bianca e nemmeno un mese dopo il trionfo Mundial di Bearzot e i suoi ragazzi, una missiva al capo della Freud americana, Mr Todd Venditto.

Che, incredulo, orgoglioso, immediatamente prese il telefono e, senza badare alle sei ore di fuso orario tra Udine e High Point in North Carolina, chiamò il suo titolare, Gianpaolo Pozzo, che solo 4 anni dopo avrebbe comprato l’Udinese. «Mi congratulo perché ho potuto constatare di persona la validità dei vostri prodotti», ha scritto il Presidente.

Game, set and match si direbbe al tempo di Sinner, o per restare a quell’epoca, di Panatta, McEnroe e Connors. «Sono passati tanti anni – commenta, tradendo una certa emozione, Gianpaolo Pozzo – da quella lettera, ma appena ho appreso della scomparsa dell’ex Presidente americano non ho potuto tornare indietro a quei giorni. Quella lettera per me è una delle più grandi soddisfazioni della mia avventura imprenditoriale. Ora ho 83 anni, mi guardo indietro e sono orgoglioso di essere partito dal Friuli ed essere arrivato con le mie aziende ad avere filiali in tutto il mondo e circa duemila tra dipendenti e collaboratori. Quella lettera è anche un premio all’imprenditoria friulana, alla capacità della gente della nostra terra di costruire, ma anche di innovare».

Sì, Pozzo si commuove. Nel 1982 aveva già sedi anche in Canada e Stati Uniti, nazioni dove con i suoi prodotti andava per la maggiore, nonostante la concorrenza agguerritissima.

«Oggi c’è l’intelligenza artificiale – spiega, spalleggiato da Iacopo Romeo, l’addetto stampa dell’Udinese affascinato da questa storia d’altri tempi, che tanto spiega del successo del Paròn anche nel mondo del calcio – noi alla Freud negli anni ’70-’80 eravamo avanti anni luce nella progettazione perché investivamo sulle nuove tecnologie». Avete capito perché Pozzo voleva anticipare il Var o la Gol line technology di 15 anni nel calcio?

Non è leggenda che nei maxi-store americani, ad esempio del Texas o dell’Oklahoma, insomma, negli Stati più interni, i trapani e le frese della Freud con le loro punte inimitabili, campeggiassero su scaffali e scaffali.

Continua Pozzo: «Ho venduto l’azienda nel 2009 alla Bosch – spiega – un colosso, che ha mantenuto bene i mercati che avevamo aperto». I cinesi ci hanno provato per anni, ma le punte di trapano della Freud sono rimaste inimitabili. E, quando il Paròn 15 anni fa vendette, fece mettere per iscritto ai compratori che non avrebbero toccato i livelli occupazionali per almeno 5 anni.

«Perché quella lettera da Carter l’ho ricevuta anche per merito dei miei collaboratori e operai», precisa. Vale un gol di Bierhoff, Iaquinta o Di Natale? «Scelgo una rete di Totò spiega il Paròn», che pensa allo scritto di Carter per dimenticare gli errori dei suoi difensori sul campo da calcio. E alla domanda su chi avrebbe votato tra Trump e Kamala Harris dà un’occhiata alla lettera e sceglie un no comment. Pareggio. Questo glielo concediamo. 

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