Giorgio avvera il suo sogno a 92 anni: il primo lancio con il paracadute

CAMPOFORMIDO. «La prossima volta però ci lanciamo da un Boeing 737». E tutti a ridere. Giorgio Simonis, 93 anni tra ventuno giorni, ha appena toccato l’erba bruciacchiata della pista dell’aeroporto di Campoformido dopo essersi lanciato da 3.800 metri con il paracadute.

Imperturbabile, all’atterraggio il novantenne triestino ha scherzato con il suo “pilota”, Flavio Cillotto, con cui si è buttato in tandem, realizzando un desiderio a lungo cullato.

«Adrenalina? Macché», ha minimizzato Giorgio dopo aver volteggiato per quasi quattro minuti sui cieli della città del Trattato, fasciato in una tuta biancorossa che gli ha messo a disposizione l’efficientissimo staff della scuola di paracadutismo sportivo Up ’n Go, l’unica nel suo genere in regione.

«Perché ho deciso di lanciarmi? Il fatto è che non ho più molto tempo», ha scandito con disarmante realismo il pensionato prima dell’ultimo briefing.
L’avvicinamento
Giorgio - in pensione dal 1987 dopo aver lavorato all’Ibm prima e in Banca Antonveneta poi - arriva nell’aviosuperficie udinese puntualissimo, alle 11, scortato dal figlio Michele, che nella vita fa il medico, e dalla nuora Laura.
Ad accoglierlo c’è Italo Scarpa, direttore della scuola di volo da diporto e sportivo dell’Aeroclub friulano, realtà che proprio quest’anno taglia il traguardo dei novant’anni di attività. Simonis, che è nato a Trieste due anni prima della fondazione dell’Aeroclub, bazzica a Campoformido dal 2013, da quando cioè ha deciso di avvicinarsi al pilotaggio degli aerei.
Proprio sotto l’ala protettrice di Scarpa il novantenne ha macinato 45 ore di volo, tutte tenendo saldamente tra le mani la cloche di un ultraleggero Fly Synthesis Storch. Giorgio assiste curioso alla riunione con cui quattro ragazzi si preparano al lancio: ascolta, domanda, scherza.
L’ora del lancio
Il signor Giorgio vive da solo in un appartamento vicino piazza Oberdan, a Trieste. Poliglotta, maneggia con disinvoltura mail e computer, con i quali resta in contatto con gli amici, anche con quelli che condividono con lui la passione per lo sport, per lo sci e il golf in particolare.
Il momento del lancio s’avvicina e Simonis può contare su due angeli custodi: c’è Matteo Arteni, più di 6 mila lanci alle spalle, che lo catechizza in palestra pochi minuti prima dell’ora x, pronto a riprenderlo con una action cam a terra e in quota.
E poi c’è il già citato Cillotto, che con i suoi 4 mila salti nel vuoto è l’alter ego volante del novantenne: i due si lanciano assieme, legati da un’imbragatura, con il paracadute che si apre e resta sospeso in aria per minuti che scorrono velocissimi.
«Papi, sei pronto?», lo saluta il figlio Michele, prima della partenza. Alle 12.54 l’aereo - un Cessna 182 turbo con carrello retrattile, pilotato dal presidente dell’associazione Up ’n Go, Michele Visentin - decolla dalla pista in erba. Venti minuti dopo, con le braccia incrociate sul petto, Simonis si lancia nel vuoto con l’istruttore.
Giù per terra
L’atterraggio è da professionista, con i talloni che toccano il suolo prima del resto della pianta del piede: l’applauso dei presenti, una trentina tra soci e curiosi, spezza il fiato sospeso e quel pizzico di tensione che svanisce quando Giorgio, pollici all’aria, si lascia andare.
«Magnifico – esclama –. Speta un atimo che ciapo fià», dice a chi tenta di farlo alzare da terra. Un colpo di testa? No, affatto. «Sto pensando di iscrivermi al corso di paracadutismo», fa sapere con piglio ai presenti, specificando di volerci riprovare «appena farà un po’ più fresco».
Ed effettivamente la temperatura in quota è assurda: 15 gradi a 3.800 metri, dove dovrebbe stare di casa lo zero termico. Il signor Giorgio, smessa la tuta, saluta e ringrazia, alzando un calice di prosecco al cielo appena solcato. —
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