Gli asili nido “familiari” affossati dalla burocrazia

La babele di leggi mette a rischio l’attività delle tagesmutter friulane. In regione attive 25 strutture. «Una risposta alle liste d’attesa nel pubblico»
ARCHIV - Erzieherinnen füttern in der Kinderkrippe Zwergenland in Staufen (Landkreis Breisgau-Hochschwarzwald) beim Mittagessen die Kinder (Aufnahme vom 18.02.2008). Immer mehr Eltern geben ihre Kleinkinder tagsüber in fremde Hände. Jedes achte Kind unter drei Jahren werde in einer Kita oder von einer Tagesmutter betreut, sagte Sozialministerin Monika Stolz (CDU) am Montag (28.07.2008) in Stuttgart. Foto: Patrick Seeger dpa/lsw (zu lsw-THEMA DES TAGES vom 28.07.2008) +++(c) dpa - Bildfunk+++
ARCHIV - Erzieherinnen füttern in der Kinderkrippe Zwergenland in Staufen (Landkreis Breisgau-Hochschwarzwald) beim Mittagessen die Kinder (Aufnahme vom 18.02.2008). Immer mehr Eltern geben ihre Kleinkinder tagsüber in fremde Hände. Jedes achte Kind unter drei Jahren werde in einer Kita oder von einer Tagesmutter betreut, sagte Sozialministerin Monika Stolz (CDU) am Montag (28.07.2008) in Stuttgart. Foto: Patrick Seeger dpa/lsw (zu lsw-THEMA DES TAGES vom 28.07.2008) +++(c) dpa - Bildfunk+++

È un servizio per le famiglie che è diffuso in tutta Europa e negli Stati Uniti, un’attività che consentirebbe pure a molte lavoratrici di uscire dal “nero”, ma in regione è la burocrazia, a quanto pare, a rendere difficile la sua diffusione, tanto che ancora la maggior parte della gente non ne è a conoscenza. Si tratta dei “nidi in famiglia” o “nidi familiari”, riuniti in Friuli Venezia Giulia sotto l’associazione La Gerla, nata nel 2009 da quattro socie che lavoravano da molti anni come baby sitter ed educatrici familiari.

Non si sono inventate nulla: è un servizio per bimbi da tre mesi a tre anni, svolto nell’abitazione dell’educatrice. Chi lo prova – e sono sempre più – in genere lo apprezza, sia per la qualità (massimo cinque bambini con un educatore, in quella che diventa la loro seconda casa, un pò come andare dai nonni o dagli zii, con la massima flessibilità di orario) sia per il rapporto familiare che si instaura tra i genitori e l’educatrice.

L’idea è nata in Germania e ha messo radici in tutta Europa e negli Usa (a seconda del Paese, si parla di tagesmutter, maman-de-hour, garderie d’enfance, child care keeper e via dicendo). In regione ve ne sono diverse in provincia di Udine (la sede principale è a Buja), due si trovano in provincia di Pordenone (ad Arzene e a Ramuscello di Sesto al Reghena).

Un’attività in crescita: 25 associate, 18 delle quali attive, da 125 a 200 bambini utenti. Il tutto in tempi di decrescita economica. L’associazione ha proposto «alla Regione – spiegano al sodalizio - di legiferare in merito ai nidi familiari, così da creare al contempo posti nido e posti di lavoro riconosciuti (non solo baby sitting in nero)». Insomma, si punta ad ottenere «una legge regionale che definisca il servizio, lo riconosca e lo qualifichi». Da qui, possibilità lavorative e di formazione, anche per donne che hanno dovuto loro malgrado abbandonare un posto di lavoro perchè licenziate o per dedicarsi alla famiglia. Ebbene, un primo riconoscimento avviene nel 2010, con la modifica della legge regionale 20 del 2005, dove vengono nominati i servizi educativi domiciliari.

Denominazione rimasta sconosciuta ai più. Poi arriva, nel 2011, un regolamento attuativo. Ad aprile di quest’anno, una nuova modifica alla legge summenzionata, quindi, a luglio, al regolamento. Con annesse divergenze e difficoltà.

«Ancora il legislatore non comprende – affermano al sodalizio - la differenza tra un nido istituzionale e un nido familiare e definisce procedure burocratiche poco sensate per questo servizio, che, ripetiamo, si svolge in un’abitazione privata, in un contesto familiare, del quale il bambino entra a far parte». Questioni di permessi, che arriverebbero a snaturare il servizio nella sua organizzazione nella sua capillarità. «Chiediamo soltanto un riconoscimento istituzionale – sostengono al sodalizio -. Capita invece che la legge di aprile dica una cosa e quella di luglio la smentisca.

Non è normale che chi desidera aprire un’attività legale venga penalizzato da una burocrazia schizofrenica ed incompetente, che quindi lascia libero spazio all’illegalità e al sotterfugio. Considerate le liste d’attesa nei nidi comunali, i nidi in famiglia sono un’ottima opportunità. Desideriamo continuare a lavorare, a crescere, a creare ricchezza e rete sociale nel nostro paese: abbiamo diritto a farlo legalmente».

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