Gli ultimi battitori di stoccafisso in Europa sono in Friuli e tramandano l'antico mestiere di padre in figlio

UDINE. Sono gli unici battitori di stoccafisso rimasti in Europa. E i loro clienti sono gli chef dei ristoranti più rinomati d’Italia. E non solo. Perché le richieste arrivano un po’ da ogni dove. Persino dalla Thailandia. Dove la bontà del pesce battuto a Codroipo è talmente apprezzata che il prodotto viene ritirato direttamente in loco.
I preziosi custodi di una lavorazione manuale più che centenaria sono Umberto e Christian Zoratto. Padre e figlio. Classe 1976, Christian, poco meno di vent’anni fa ha deciso di voltare pagina lasciando il posto fisso in un importante azienda della zona per la quale girava il mondo come responsabile del settore commerciale.
Lo ha fatto, racconta, per continuare a scrivere quella storia di famiglia avviata a metà del 1400 dalla dinastia dei mugnai Zoratto tra Flambruzzo e Codroipo. Raccogliendo un’eredità centenaria proseguita poi al Mulino detto “di Bert”, a due passi dal Parco naturale delle Risorgive. Un monumento storico datato 1450 che, passando di mano in mano, a fine 1700 è diventato proprietà dei Zoratto. Da allora divenuti oltre che mugnai anche battitori di stoccafisso.

Un’eredità che Umberto, classe 1947, «nato e cresciuto in questa corte dove ho sempre fatto questo lavoro», sta tramandando con passione al figlio, «orgogliosissimo della sua scelta», spiega mentre attento tiene d’occhio, al pari dei suoi avi, il movimento delle macine in granito che da anni, senza sosta, continuano a frantumare semi.
Quel figlio che oggi, aiutato nella conduzione dell’attività anche dalla moglie Elena – «Se non fosse stato per lei che mi ha convinto a proseguire la tradizione di famiglia, oggi non sarei qui», svela –, ha appena restaurato il complesso rurale, ricavandone al primo piano uno spazio che presto – questo è il nuovo progetto –, sarà centro di degustazione e vendita di farine, stoccafisso e pure di altri prodotti friulani che, al pari di quelli che escono dal suo mulino, condividono la filosofia della riscoperta e valorizzazione dei vecchi cibi.
Intanto le macine, complice la pietra naturale sulla quale si sgretolano «i grani di una volta» che arrivano al mulino da produzione biologica locale, continuano ininterrottamente il loro lavoro per una farina, spiega Christian invitandoci a toccarla, «che esce fredda dall’ingranaggio, caratteristica che consente di mantenere integre le sue proprietà». Se ne produce oltre una decina di tipi – dal lunedì al sabato, dalle 8 del mattino alle 8 di sera –, da quella per polenta a quelle per panificazione. Macinando frumento, grano saraceno, farro e mais da polenta.

Il cuore pulsante del mulino – struttura tutta in ferro e legno d’epoca – è la grande ruota di oltre 4 metri e mezzo (costruita a mano sul posto) che gira da anni, assieme ad altre tre più piccole, ma al pari antichissime. Le alimenta la Roggia di Sant’Odorico che, realizzata nel 1400 dai Conti Cossio, devia parte delle acque del Tagliamento che poi si riversano nel fiume Stella.
La stessa che fornisce anche l’energia necessaria al funzionamento del maglio di legno – attivo dal 1600, ma quella volta, racconta Christian, «qui c’era anche un opificio e si batteva la canapa» –, oggi utilizzato per trasformare il merluzzo in stoccafisso. Il pesce arriva a Codroipo direttamente dalla Norvegia, da Rost, isola dell’arcipelago di Lofoten, dopo essere stato essiccato unicamente all’aria aperta, vecchia tecnica che ne permette ancora oggi la conservazione per lunghi periodi.
Dopo questo passaggio entra in azione la maestria di Christian e Umberto, in tutta Europa unici depositari dell’antica lavorazione manuale, dovunque soppiantata dall’industria. In un anno, soprattutto tra inizio inverno e Pasqua, al Mulino Zoratto si batte qualcosa come una tonnellata di pesce. Richiestissimo.
Il segreto di quella che è diventata una vera e propria arte sono quei 150 colpi al minuto del maglio sulla pietra sottostante. 250 chili ogni colpo. «Non una pressatura», tiene a precisare Christian che il suo primo stoccafisso lo ha battuto a 14 anni. Racconta che è proprio il calore sviluppato da questa azione a far sì che le fibre del pesce non si rompano, ma vengano «stirate» permettendo allo stoccafisso, una volta in ammollo, di aumentare di ben tre volte il proprio volume. Operazione che consente, durante la cottura, di assorbire al meglio i condimenti rendendo il pesce morbido, cosa che non accade se le fibre sono industrialmente spezzettate.

Gesta che si ripetono giorno dopo giorno ormai da centinaia di anni quelle dei Zoratto, tanto che al mulino si ha la sensazione di entrare non solo in una bottega artigianale, ma in un vero e proprio museo dove in presa diretta si “racconta” – a chiunque entri, siano clienti o scolaresche – la storia di un mestiere. In questo caso di due mestieri. Di due passioni.
Un “racconto” che gli udinesi Antonella Oliana e Angelo Salvin hanno immortalato nel progetto fotografico in cammino “Dentro le botteghe, oltre i mestieri” (un ampio assaggio si trova alla pagina Facebook dedicata). Una raccolta di scatti la loro, avviata nel 2014, che attraverso le immagini valorizza «il sapere e la conoscenza di mestieri che rapidamente stanno scomparendo o si stanno evolvendo», evidenziano gli autori. Ne è nata una mostra che via via si sta arricchendo di nuove storie di artigiani e che ad oggi è già stata ospitata a Spilimbergo, Montereale Valcellina, Pagnacco e Udine.
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