«Guardiamoci negli occhi per un minuto»

UDINE. Rapiti, imprevedibili, profondi, emozionati, partecipi. Sguardi che s’incontrano tra sconosciuti, si avvicinano e si fermano per un minuto, per accorciare le distanze, per riscoprire la spontaneità dei rapporti umani.
Giovedì pomeriggio una decina di giovani donne e uomini - non si erano mai visti prima - si sono dati appuntamento in piazza San Giacomo per dare vita a “World’s biggest eye contact experiment”, manifestazione lanciata dall’associazione australiana “The liberators international” e avvenuta in contemporanea anche in altre città italiane, europee e del mondo, il cui scopo era quello di stimolare i rapporti umani.
Tutto è partito dall’idea di una psicoterapeuta udinese, Martina Zuliani, che sbirciando sulla pagina Facebook di un amico spagnolo è venuta a conoscenza dell’iniziativa. «Appena ho appreso del flash mob internazionale ho pensato fosse una bellissima opportunità e mi sono data da fare per organizzare qui l’evento - racconta Martina -. Ho realizzato i cartelli e ho cercato di raccogliere partecipanti.
Non avevo troppe aspettative, ma ero curiosa di vedere come i friulani, piuttosto diffidenti nel carattere, avrebbero reagito a questa esperienza». A rispondere per primi all’appello altri due ragazzi, Francesca Mura e Davide Nicolicchia, che hanno collaborato intensamente per la riuscita del ritrovo e alla fine, in piazza, erano circa una decina.
“Fermarsi un attimo, incrociare lo sguardo di uno sconosciuto per un minuto e scoprire che non esistono distanze” e “Guardiamoci negli occhi un minuto e scopriamo la nostra umanità” le frasi stampate sui cartelli che i ragazzi si sono appiccicati sul petto. Hanno fermato i passanti, li hanno invitati a dedicare un minuto per instaurare un contatto visivo, lasciando che gli occhi parlassero in silenzio.
Alla fine nelle due postazioni, in piazza e in via Rialto, l’esperienza ha incuriosito diverse persone: molte se ne sono andate nell’indifferenza, ma tanti, soprattutto i più giovani, si sono prestati e la risposta da parte della città è stata tutto sommato buona, tant’è che si pensa già di ripetere l’iniziativa.
«Sono rimasta colpita - continua Martina - soprattutto dalle reazioni: guardarsi intensamente negli occhi non è un gesto banale». Sulle impronte di Marina Abramovich, l’artista serba autrice di una delle performance artistiche più profonde, potenti - e lunghe - della storia, rimasta seduta in silenzio nell’atrio del Moma di New York a incrociare gli sguardi di milioni di sconosciuti per tre mesi, scopo del flash mob era quello di ripristinare un contatto con le persone.
«Un partecipante - osserva la psicoterapeuta - mi ha detto che invece di fermarsi a guardare sembra di partire, segno che anche in una piccola città l’esperimento ha funzionato».
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