«Ho perso mia figlia e ora lotto perchè non sia morta invano»
PORDENONE. Continua a portare i fiori freschi all’incrocio maledetto e continuerà a farlo «fino a quando qualcuno non interverrà per evitare quello che è accaduto a mia figlia».
I fiori e una foto di Elena – «che devo sempre rimettere perché qualcuno se la porta sempre via, spero siano amici...» – per non far dimenticare quello che un padre e una madre non dimenticheranno mai. Elena Scannapieco, 20 anni appena, è stata dichiarata morta il 20 maggio scorso, quando i medici hanno decretato che il suo sorriso non sarebbe più tornato dall’oblio in cui la ragazza era precipitata 5 giorni prima.
Travolta da un bus all’incrocio fra viale Marconi e via XXX aprile, davanti al centro studi, non si è mai ripresa. E’ passata con il rosso? Com’è stata investita? C’è un processo che lo stabilirà, ma non è questo il vero punto per papà Roberto.
«Dopo il funerale è calato il silenzio e invece io voglio che si faccia qualcosa per mettere in sicurezza quell’incrocio, per dare un senso alla morte di mia figlia. Nessuno mi restituirà mia figlia, questo lo so bene. Ma proprio per questo non deve accadere più».
Ha ripreso a lavorare papà Scannapieco, ma il suo pensiero va costantemente là, in quella via, in quell’incrocio che si è portato via sua figlia, a quella strada in cui passa più volte al giorno per andare a casa. Il dolore e il vuoto appartengono alla sfera privata, come è giusto che sia, ma il silenzio delle istituzioni per il papà di Elena è stato un dolore in più.
«Ho incontrato Bolzonello per strada un giorno e gli ho chiesto di fare qualcosa per quell’incrocio, ma la situazione è ancora immutata. Poi ho scritto una lettera al sindaco, ero convinto che si sarebbe fatto sentire. Mi ha risposto che voleva rispettare il nostro lutto e che se vogliamo ci riceve. Ma non sono io che devo chiamare per prendere un appuntamento. Pensavo che la morte di una ragazza di vent’anni generasse maggiore umanità nelle istituzioni».
Non c’è rabbia nelle parole di papà Roberto, ma il desiderio forte di rompere il silenzio, di andare oltre le pacche sulle spalle.
«Ho visto che hanno potato la siepe, peraltro solo da un lato. Altro non è stato fatto – rimarca -. Una mattina sono stato due ore per vedere il traffico nel punto in cui è stata investita Elena. In quel lasso di tempo ho visto due autobus passare con il rosso. Magari quello di mia figlia è passato con il verde – dice –, c’è un processo in corso che lo stabilirà. Però mi chiedo: che senso ha mantenere una corsia tanto pericolosa, quando gli autobus non hanno nemmeno più la necessità di raggiungere l’autostazione?».
Di Elena, è questa la preoccupazione, potrebbero essercene altre. «In questo mese, parlando con le persone, mi è stato riferito che in quel punto sono successi altri 3-4 incidenti, fortunatamente non gravi. Cosa bisogna aspettare ancora?».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto