Hypo Bank, parla l'ex direttore: "Ecco come si poteva salvare la banca"

Gariglio: "Un fondo Usa e una banca italiana erano pronti a rilevare Hypo. Entrambe proposte valide e serie, sul tavolo c’era già il piano industriale.  E’ davvero incomprensibile la decisione dell’Austria di liquidare l’istituto"

UDINE. Un fondo di investimento americano tra i più importanti al mondo e una banca italiana di livello. Nella primavera del 2015 c’erano, eccome, i potenziali compratori di Hypo Bank. E avevano messo nero su bianco proposte serie e valide, tanto che era già pronto il piano industriale.

La rivelazione è dell’ex direttore generale Marco Gariglio, dimessosi pochi mesi fa dall’incarico dopo insanabili divergente con l’azionista di Vienna. Parole, quelle di Gariglio, che contrastano con quanto hanno sempre sostenuto gli austriaci: per Hypo non ci sono mai stati possibili acquirenti. «Ho portato avanti personalmente le trattative - dice oggi il dirigente -. Avevo organizzato un incontro al massimo livello, tra il responsabile per l’Europa del fondo Usa e la proprietà di Hypo.

Poteva essere un summit decisivo, invece gli austriaci, anche durante quel colloquio, manifestarono scarsa attenzione e interesse. Eppure io in quei mesi sono andato dappertutto, ho bussato mille porte per poter trovare una soluzione positiva».

Direttore Gariglio oggi ci sono ancora margini per salvare Hypo, con i suoi 250 dipendenti?

«Mah, non credo che i vecchi investitori, quelli che avevo contattato, possano ancora essere interessati. Ho avuto conferme che sia la banca italiana che il fondo americano hanno indirizzato i loro investimenti su altre strade.

Del resto il denaro non può restare fermo. Una volta portati a termine gli interventi necessari, che il 30 giugno 2015 avevano finalmente permesso alla banca di rafforzarsi in maniera significativa dal punto di vista sia regolamentare che patrimoniale e finanziario, ero sinceramente convinto, confortato proprio dall’ingente esborso finanziario effettuato dalle istituzioni austriache interessate, che si sarebbe pervenuti a una soluzione positiva della storia Hypo in Italia, consentendo così anche all’Austria stessa di recuperare parte delle risorse fino a quel momento rese disponibili. Purtroppo di lì a poco mi è parso sempre più evidente che i miei auspici non erano attuabili».

Infatti la proprietà austriaca è irremovibile nel chiudere Hypo Italia appellandosi alla risoluzione Ue. A cosa è dovuta tanta rigidità, nonostante tutte le pressioni italiane, anche della politica? Può essere una sorta di “vendetta” per il caso dei leasing gonfiati?

«Francamente non riesco a comprendere a cosa sia dovuta la ferma determinazione a liquidare la banca, che l’Austria ha fin da subito chiaramente perseguito. Non ritengo che la decisone presa, peraltro assolutamente non illegittima, abbia una qualche relazione con la brutta vicenda dei leasing gonfiati.

Per quanto concerne poi la risoluzione Ue a procedere unicamente con la liquidazione, a me pare, così come recentemente e chiaramente esplicitato anche dalla governatrice del Fvg Serracchiani, che ci fosse comunque spazio per delle differenti soluzioni. Purtroppo la decisione finale, che a me pare squisitamente politica, di procedere comunque con la liquidazione in blocchi e in un determinato lasso di tempo è stata presa e, probabilmente per mancanza di informazioni aggiuntive, la trovo poco comprensibile».

Come pensa che finirà, a questo punto, la faccenda Hypo?

«Allo stato la vicenda mi pare chiaramente indirizzata verso la liquidazione per blocchi, con tutte le conseguenze che ne deriveranno. Esiste sempre la possibilità che qualcosa di inaspettato avvenga perché, come recentemente ha correttamente affermato la dirigenza della banca, le iniziative già adottate dalla stessa non pregiudicano altre opzioni qualora l’azionista le indicasse».

Per i tanti dipendenti dell’istituto sono all’orizzonte tempi difficili.

«Mi auguro che le persone riescano a ricollocarsi, anche se temo sarà molto dura. Ci sono famiglie intere, marito e moglie, che lavorano entrambi in Hypo. Al mio arrivo, nel settembre 2013, trovai delle persone “smarrite”, precipitate giocoforza in una situazione pesante, a seguito della tristemente nota vicenda dei leasing gonfiati, con la clientela disorientata e “in fuga” e con le inchieste penali in corso, con tutto ciò che ne deriva.

A ciò si è poi subito aggiunta la risoluzione della Commissione europea che imponeva condizioni operative molto penalizzanti. Ho avuto chiara la percezione, poi confermata dalla prolungata conoscenza reciproca, che la squadra fosse variegata, con indubbie eccellenze in alcuni settori, ma con una caratteristica comune: l’aver disimparato, o forse mai appreso, a lavorare in un contesto “normale”.

E’ stata proprio la ricerca della normalità, intesa come “sana operatività” in un contesto lavorativo difficile, ciò che ho caparbiamente cercato di perseguire».

La politica ha giocato un ruolo importante nel braccio di ferro. Come valuta il recente veto di Vienna nei confronti della Regione a essere presente ai tavoli di trattativa?

«Pure questa mi pare una chiusura inconcepibile, anche se può darsi che l’azionista si sia irritato per le ultime dichiarazioni della presidente Serracchiani. Ma io vorrei averne di presidenti come la Serracchiani, ho toccato con mano quello che ha fatto e quanto si è spesa per Hypo. La Regione è stata presente e subito attiva, ha fornito appoggi importanti, cosi come il lavoro dell’ambasciatore d’Italia a Vienna e le diverse iniziative di Bankitalia sono stati preziosi».

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