I bambini raccontano la tragedia del Vajont I disegni e un video per non dimenticare
la storia
giulia sacchi
La tragedia del Vajont vista con gli occhi dei bambini. Un dramma per loro lontano nel tempo, ma di cui hanno saputo cogliere gli aspetti salienti, attraverso anche le testimonianze di chi ha vissuto quei momenti, e raccontarli con delicatezza e profondità in un video documentario, in poesie e disegni.
Protagonisti del progetto sono gli alunni delle elementari Vittorino da Feltre di Vajont, che alle 10 di oggi, nella sala del teatro della scuola, inaugureranno assieme alle maestre e a tre artisti originari della Valcellina un’esposizione di sculture, dipinti e racconti dal titolo “Per ricordare, per non perseverare”. Una mostra visitabile anche domani dalle 10 alle 12, nella quale si potranno ammirare pure le opere di Giacomo Corona, scultore e pittore, Jan Corona e Agostino Martinelli, entrambi scultori del legno.
Ogni classe delle elementari ha riflettuto sul disastro del Vajont e ha dato vita a un’opera nella quale sono racchiusi pensieri e sentimenti scaturiti dal racconto di quel tragico episodio che ha spazzato via vite umane, anche di tanti bambini, sogni, storie di comunità. «Gli allievi di ogni classe della scuola elementare hanno realizzato opere frutto della riflessione fatta assieme su quanto accaduto il 9 ottobre 1963 – hanno raccontato le maestre -. I piccoli di prima si sono concentrati sul disegno, quelli di seconda, terza e quarta si sono cimentati in poesie e cartelloni e gli alunni di quinta hanno creato un video documentario con interviste a chi ha vissuto la tragedia e le sue conseguenze». I lavori dei piccoli studenti rimarranno in mostra all’interno delle elementari. Toccante è la poesia dal titolo “Gigante grigio”, in cui i bimbi mettono in luce come quella struttura «mostruosa» costruita tra due monti sia stata capace di cambiare la vita di molti.
«Nato da un progetto ambizioso, la modernità doveva regalare – scrivono i piccoli –, ma solo morte è riuscita a portare». Parole che ben dipingono quanto accaduto. Quindi il monito che arriva dalle nuove generazioni: «Quella notte nella memoria deve restare e la vera storia dobbiamo tramandare, così un nuovo errore si potrà evitare – sono i versi finali del componimento –. Il nostro pensiero ritorna su quella valle dove prima volavano oltre duemila farfalle». Un progetto importante, quello delle elementari, che ha permesso ai bambini di conoscere meglio non solo una pagina drammatica di storia locale, che come loro stessi sostengono non deve finire nell’oblio, ma anche il territorio in cui vivono o nel quale sono cresciti i propri familiari.
Tra gli intervistati dagli allievi della classe quinta, anche il sindaco di Vajont Lavinia Corona, la cui famiglia è superstite del disastro, in quanto la sera del 9 ottobre 1963 era fuori paese. Il nonno del primo cittadino, Giovanni Corona “Bocia”, è stato tra l’altro sindaco di Erto dal 1965 e commissario straordinario per la costruzione di Vajont. «Quando ero piccola, nelle famiglie non si parlava del disastro – ha raccontato Corona, riavvolgendo il nastro dei ricordi –. In quasi tutte le case c’era un piatto nero appeso a una parete con il disegno in bianco della diga e la scritta in arancione “Diga funesta per negligenza e sete d’oro altrui persi la vita, che insepolta resta”. Una frase che noi bambini ci chiedevamo cosa significasse, Nessuno lo spiegava». Quindi il racconto della ricostruzione, del tentativo di rinascere pur avendo il cuore pieno di lacrime.
I bimbi hanno raccolto anche la testimonianza di Giacomo Corona, che nel 1963 aveva 13 anni. «Sapevamo che il monte Toc sarebbe franato – ha raccontato –: ce lo aspettavamo, ma non pensavamo che avrebbe scatenato quell’inferno». —
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