I cinghiali sul Matajur danneggiano i terreni

I residenti: ci ritroviamo gli animali anche davanti casa. Rotte le recinzioni a difesa dei meleti e depredati i frutti

Lucia Aviani

L’allarme era partito, nelle scorse settimane, dal Comune di Pulfero, non nuovo agli effetti delle “scorribande” dei cinghiali (e da qualche tempo pure dei cervi) ma mai messo a dura prova come quest’anno.

Un secondo Sos arriva, adesso, dal comprensorio di Savogna, dal Matajur per la precisione, dunque da un contesto geograficamente diverso – non si parla di aree e di coltivazioni a bassa quota, bensì di ambiente montano – eppure ugualmente martoriato dalla presenza, ormai massiva, degli ungulati.

È la prima volta che anche da Montemaggiore si raccolgono voci di esasperazione per il fenomeno, che ormai, evidentemente, sta andando fuori controllo: documentazione fotografica alla mano, alcuni abitanti testimoniano i danni che gli animali provocano ai terreni (inclusi quelli incolti), che in molti punti si presentano ormai completamente “arati”.

«I cinghiali – testimonia un residente, Dino Azzolini – ce li troviamo praticamente davanti a casa, a qualche decina di metri di distanza. Per nulla intimoriti, si spingono fino a ridosso delle abitazioni». In numerosi punti i prati sono così rovinati «che è impossibile ricavarne foraggio», aggiunge, spiegando che le bestie smuovono la terra in cerca di lombrichi, radici e bulbi.

«In determinate zone – racconta sempre l’abitante di Montemaggiore – non si riesce più nemmeno a entrare negli appezzamenti con il trattore. I danni sono incredibili: e ora chi ce li ristorerà?»

Analogo quesito si era levato, di recente, dalla zona di Pulfero appunto, interessata da razzie in tutti gli angoli coltivati (i meleti, in questo periodo, sono la destinazione preferita di cinghiali e cervi): i risarcimenti ottenuti lo scorso anno, aveva documentato l’imprenditore Mauro Pierigh, produttore proprio di mele nonché presidente dell’associazione Sapori nelle Valli, non hanno coperto che una piccola percentuale della perdita, tanto che le poche realtà che ancora si dedicano alla coltivazione della terra, nell’area valligiana, vedono il futuro (imminente, non lontano) come una grande incognita.

Eccellenze locali (l’azienda di Pierigh, per citare un esempio, è stata ripetutamente premiata alla Mostra della Mela di Pantianicco, quest’anno per il succo, in precedenza come miglior azienda di montagna, per due volte, e sette per la miglior cassetta di mele) si trovano insomma nel limbo, inermi di fronte ad un problema dalle proporzioni macroscopiche.

Nemmeno le recinzioni realizzate a tutela dei meleti si sono rivelate efficaci: la fauna selvatica è riuscita ad avere la meglio e ha comunque raggiunto gli alberi, depredando i frutti a portata di muso e poi sfruttando le zampe per raggiungere quelli più in alto, con conseguente strage di rami. E anche in fondovalle lo scenario dei prati “arati” è frequente, in alcuni casi fino in prossimità delle abitazioni.

L’unica soluzione possibile – questo l’appello lanciato nelle settimane passate dal territorio di Pulfero – sarebbe un’anticipazione dei tempi della caccia, da autorizzare prima che per i raccolti non ci sia più speranza.

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