I clienti in osteria: fondamentale la professionalità di chi è dietro il banco

Chi frequenta i locali tradizionali ha le idee chiare: «Ci piace l’atmosfera, ma chi gestisce deve essere preparato»
Udine 5 Ottobre 2017. Osterie. © Petrussi Foto Press
Udine 5 Ottobre 2017. Osterie. © Petrussi Foto Press
Mangiano qualche polpetta seduti davanti al bancone, sorseggiano un “bianco” o un “nero” e parlottano sfogliando il giornale. Sono gli avventori delle osterie che scelgono questi locali «perché la tradizione attira ancora», come spiega Rosanna.


«Ciò non vuol dire – aggiunge a fine mattinata dopo aver chiuso il proprio negozio per la pausa pomeridiana – che tutto deve essere mantenuto tale e quale. Si può respirare il profumo d’osteria anche quando non si vedono più gli anziani giocare a carte. È il resto che conta. Sono le foto in bianco e nero appese al muro, le targhe davanti all’edificio che ricordano che questo è un luogo dove si mangia friulano, è un oste che si rivolge a te in marilenghe, è il sapore dei piatti della nostra terra, dal frico al salame con l’aceto».


«La storicità – prosegue – rimane grazie a questi piccoli tratti che fanno di un’osteria un luogo d’altri tempi. Non è una questione di orari. Perché capisco bene quando un titolare dice: “Io non ce la faccio a tenere aperto dalle 13 alle 15 per quattro persone”. È una legge di mercato e io lo so visto che faccio la negoziante. È un costo che un imprenditore del settore non si può permettere. Vanno invece salvaguardate le pietanze e proposte anche ai più giovani».


«E poi – conclude – anche gli anziani si sono evoluti. I nostri nonni piuttosto che stare in osteria smanettano su internet, frequentano corsi per la terza età, si tengono aggiornati con i libri. Insomma ci sono più distrazioni, mentre una volta a spezzare il tempo ci pensavano solamente un taglio di vino e un mazzetto di carte».


L’esigenza di “guardare avanti” è sentita anche da Marco Raffin. È seduto davanti alla facciata dell’osteria “Al Canarino” di via Cussignacco insieme a un collega. In questo locale si gioca ancora a briscola o a scopa «ma i giovani – dice – non sanno più cosa vuol dire prendere le carte in mano. C’è solo uno zoccolo duro che resiste, ma sono in pochi e con quelli un ristoratore non ci guadagna».


«Io stesso frequento questo locale perché mi sembra ancora di essere immerso nel passato, rispetto a molti altri che sono asettici – prosegue – . Penso che la tradizione sia un valore aggiunto che debba essere salvaguardato per il bene di un territorio e di una città che non deve farsi sopraffare dalla globalizzazione. Ma d’altro canto capisco anche quando l’oste dice che con quattro bicchieri di vino non si campa. E allora bisogna introdurre delle novità. L’importante è non stravolgere la storia».


La clientela delle osterie udinesi è molto varia e dipende anche dai momenti della giornata. All’orario di chiusura degli uffici troviamo anche i trentenni, come Paola. Sta seduta insieme a un’amica mangiando un piatto di pasta «leggero, per non avere il classico abbiocco dopo pranzo». «Al vino preferisco la birra – dice – e così molti altri coetanei, che prediligono allo stesso modo gli spritz. I tempi sono cambiati e ci si deve adeguare anche alle nostre esigenze. Ciò non vuol dire che preferisco andare nei bar rispetto alle osterie. Anzi. Ma è anche giusto che il gestore del locale mi offra un’ampia scelta e non rimanga fermo alle solite vecchie abitudini che hanno fatto il loro tempo».


E sulla professionalità dei gestori insistono in molti. Secondo Gianfranco Beltrame «le osterie si salvano se lavorano e mantengono una professionalità. L’oste deve saper servire da bere – spiega – e condurre il cliente nella scelta. Questo fa la differenza rispetto ad altri locali. Purtroppo in giro ci sono tanti dilettanti allo sbaraglio e non è un caso che a Udine Sud a breve chiuderanno quattro locali che si fregiavano del titolo di osteria. La ricetta per continuare a vivere è fidelizzare il cliente. Alle volte basta un personale adeguato e un’offerta ampia scritta anche su una lavagna per sentirsi immersi in un’osteria».
(d.v.)


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