I Comuni: la Regione tratti con Roma sul patto di stabilità
UDINE. Fa quadrato attorno al presidente Mario Pezzetta l’esecutivo di Anci Fvg e sull’insanzionabilità della Regione in caso di sforamento del patto di stabilità, sancita dalla Corte Costituzionale, sprona la giunta Serracchiani a farsi valere nei confronti di Roma. Riuniti ieri a Udine, i vertici regionali dell’associazione nazionale dei Comuni hanno preferito, elegantemente, liquidare le critiche rivolte da alcuni assessori regionali a Pezzetta con un “no comment”.
Non hanno sorvolato invece sull’analisi delle prospettive che si aprono, anche per il Fvg, a seguito del pronunciamento della Consulta sull’insanzionabilità di Regioni e Province autonome.
Prospettive che l’Anci regionale continua a valutare positive. Incassata la solidarietà dell’esecutivo e di molti sindaci, ieri Pezzetta ha rotto il silenzio: «Chiediamo soltanto che la Regione tratti con Roma nuove regole utili a superare quest’insostenibile situazione – ha detto –. Ciò non significa che il Patto non esista più, bensì che va ridiscusso da posizioni di forza. È un’occasione irripetibile – ha ribadito riferendosi alla sentenza – che consente al Fvg di avere un’arma in più contro la crisi».
Con fermezza, i vertici di Anci hanno ribadito quanto già dichiarato dal presidente in merito alle conseguenze positive, estese a tutte le Regioni autonome, della sentenza della Corte costituzionale sul ricorso presentato dalle “speciali” Sardegna, Val d’Aosta, Trentino Alto Adige e Sicilia. Regioni con cui Anci Fvg condivide sia la soddisfazione per il pronunciamento che l’analisi della situazione.
Secondo il comitato esecutivo «è un dato di fatto condiviso ormai da tutte le Speciali che le sanzioni vengono meno per effetto del pronunciamento. Ciò non significa che il Fvg sia divenuto “un paradiso fiscale”, bensì che è venuto meno l’unico deterrente – le sanzioni – in mano allo Stato. Ciò dà alle Speciali, compresa la nostra, non già la facoltà di sperperare i danari, ma la forza per rideterminare con lo Stato le caratteristiche del patto di stabilità». Ribadendo il proprio impegno ai fini del contenimento della spesa pubblica, i Comuni confermano però «le critiche al modello adottato in Fvg, che ha bloccato lavori in tutta la regione – si legge nella nota inviata da Anci –, vietando addirittura di spendere i fondi già trasferiti assegnati dalla stessa Regione per pagare le imprese».
Anci chiede nuove regole. «La Regione tratti con Roma e ci consenta di superare questa insostenibile situazione». Il comitato esecutivo, che ha iniziato a studiare le buone pratiche messe a punto nella Provincia di Trento per “domare” i vincoli imposti dal patto, ha riaffermato ieri la massima disponibilità per una collaborazione concreta con la Regione. Il clima è stato insomma propositivo, nonostante lo stato d’animo, ai limiti della rabbia, covato da molti sindaci che ha visto aggiungersi, alle recenti prese di posizione dei colleghi Urbani (Gemona), Colaoni (Reana) e Angeli (Remanzacco), quella del primo cittadino di Tarvisio, Renato Carlantoni: «I Comuni sono la front line del disagio, sia sociale che economico, potrebbero ridare fiato all’economia appaltando opere già finanziate, ma non sempre possono farlo.
Ritengo – ha aggiunto – che il tema delle sanzioni sul patto di stabilità, in questo momento, sia molto più importante che parlare di terzo mandato dei sindaci, di paradisi fiscali e altri temi demagogici. Chiedo dunque alla Regione: quali sono le prospettive per il 2014? Nessun Comune è riuscito a mettere in moto, causa patto, opere nel 2013 e tantomeno ha in programma di farlo. Risultato: l’anno venturo l’economia sarà ancora più ingessata».
L’augurio di Alessandro Colautti, capogruppo del Pdl, è che la giunta Serracchiani adotti “un opportuno sistema di monitoraggio” per evitare differenze (costate l’anno scorso, a consuntivo, 81 milioni di differenza) «tra le cifre (sui carichi di spesa) che i Comuni indicheranno al 31 dicembre e quelle che risulteranno a fine anno». Sulla sentenza Colautti fa eco ai sindaci. «Se è vero che non ci apre nuovi scenari economici – conclude – ci mette in una condizione di forza per negoziare con lo Stato nuovi spazi finanziari».
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