I lavoratori dello spettacolo in piazza: “Non siamo invisibili, vogliamo un aiuto”

A Roma la protesta di 700 fra attori, tecnici e maestranze da tutta Italia. Nessun volto noto tra i manifestanti
Una manifestante a Roma (foto Luisa Mosello)
Una manifestante a Roma (foto Luisa Mosello)

ROMA. Hanno chiesto di far sentire la loro voce, di non essere invisibili e di tornare a lavorare con aiuti immediati e riforme concrete dopo l'emergenza coronavirus. Circa un migliaio di lavoratori dello spettacolo, 700 per la Questura, oggi pomeriggio sabato 27 giugno, hanno riempito piazza Santi Apostoli a Roma

dopo la mobilitazione in 15 città lo scorso 30 maggio. Allora era «passata sotto silenzio», secondo gli organizzatori del movimento «Professionisti e professioniste dello spettacolo-Emergenza continua” nato nei giorni del lockdown. Insieme ad “Attrici Attori Uniti” e una dozzina di coordinamenti e comitati provenienti da tutta Italia oltre a rappresentanze Cobas e Usb, hanno colorato la piazza con i loro striscioni, le loro mascherine personalizzate (spesso abbassate) e le mini performance musicali tentando, senza riuscirci, di restare sulle croci ad X segnate sul selciato per garantire il distanziamento sociale. 

Tensione

L'obiettivo dei manifestanti era soprattutto quello di farsi sentire da una politica «finora silente». Quella dei palazzi del potere che a un certo punto, dopo circa due ore dall'inizio dell’assemblea statica, hanno cercato di raggiungere. Muovendosi come un’onda e chiedendo a gran voce la possibilità di fare un corteo, non autorizzato, fino al Parlamento. Tentando di rompere i cordoni delle Forze dell'Ordine e di oltrepassare le transenne fra fumogeni multicolorati. Attimi di tensione ma poi l'allarme è rientrato e il gruppo si è ricomposto e ha continuato a denunciare tutte le problematiche legate alla mancanza di lavoro e di tutele a causa dell'arrivo del virus. Tanti i lavoratori del dietro le quinte, tecnici, montatori, sarti, scenografi, maestranze. Fra gli attori nessun volto noto. «Vedo pochi colleghi perché spesso si è ricattati psicologicamente»diceva Elena Arvigo attrice teatrale mentre esortava a lottare per i diritti di tutti gli artisti. Leggendo parte del documento del “Tavolo emergenza” consegnato poi alla Digos per farlo «recepire alle istituzioni»

Il documento

«Questo drammatico momento di emergenza sanitaria ed economica ha portato allo scoperto in tutta la sua evidenza, la totale mancanza di inquadramento giuridico dello status dell'artista, delle maestranze e di tutto il comparto lavorativo - enunciava lo scritto -. La ripresa fissata dal Governo il 15 giugno è una falsa riapertura che permette solo a un'esigua percentuale di tornare effettivamente a lavorare». C'è chi ha ricevuto finora solo il bonus di 600 euro per il mese di marzo. Anche per questo è stato un reddito di emergenza «fino allo scioglimento definitivo delle limitazioni imposte dai protocolli Covid-19». 

E ancora: sicurezza per poter fare spettacolo dal vivo, rifiuto dello streaming in assenza di regolamentazione. Per «un nuovo sistema» al di là del momento emergenziale si è invocato un tavolo di confronto tecnico-istituzionale permanente fra i lavoratori, i sindacati e il governo, per radicali riforme legislative in tema di spettacolo, arte e cultura. 

Le misure

Fra le condizioni indicate il riconoscimento giuridico delle professioni artistiche e tecniche, il diritto delle donne a non essere discriminate, l'inserimento dell'insegnamento delle arti dello spettacolo nella scuola pubblica. «Senza queste misure e senza convocazione ufficiale ai tavoli istituzionali adotteremo lo stato di agitazione permanente e forme sempre più determinate di mobilitazione affinché le promesse dei governanti non restino solo vuote parole», hanno ripetuto i manifestanti. Dopo aver rispettato un minuto di silenzio per le vittime del coronavirus. E per le morti sul lavoro. 

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