I lettori alla scoperta della casa-museo di Dante Cavazzini a Udine

Grande successo per il nuovo appuntamento con Genius Loci. Tra i visitatori anche Tosoratti, per 42 anni a servizio del commerciante

Tra i lettori del Mv anche chi ha lavorato per Dante Cavazzini: la visita guidata di Giovanni Tosoratti

«Prima di essere un commerciante eccezionale, Dante Cavazzini era un uomo e un benefattore senza eguali. Un onore aver lavorato con lui per 42 anni». Trattiene a stento l’emozione Gianni Tosoratti, storico collaboratore nella bottega di stoffe di via Savorgnana, mentre con la mano sfiora i dettagli delle pareti affrescate della casa, diventata poi museo di arte moderna. Lui, insieme ad altre 35 persone, iscritte alla comunità NoiMv, ha partecipato a un nuovo appuntamento con Genius Loci, il tour gratuito organizzato dal giornale in collaborazione con l’autrice dell’omonimo libro, Elena Commessatti. Presente anche l’assessore alla cultura Federico Pirone che ha sottolineato il legame tra la comunità dei lettori, in costante crescita, e quella dei cittadini.

Guidati dalla scrittrice Commessatti e dalla responsabile del museo Vania Gransinigh, i lettori hanno ammirato le stanze progettate per la famiglia del commerciante udinese (emiliano di nascita, trasferitosi in Friuli negli anni Venti), ammirando prima la commistione di stili del museo, poi scoprendo la quotidianità e l’eccezionalità di Cavazzini. Qui molte delle opere esposte nascondono il legame con il “papà” del museo, come gli affreschi di Afro Basaldella, le statue dei suoi fratelli o il quadro di Tullio Crali.



In casa tutto parla della bontà e dell’avanguardia di Dante Cavazzini: dal bagno fatto su misura (era piuttosto basso, i sanitari sono quindi più piccoli rispetto a quelli standard) fino al vestibolo dalle pareti in legno, «tutto identico a com’era», conferma Tosoratti. O quasi. Mancano all’appello alcuni dei mobili che abbellivano la casa. Tra questi, più volte citato dai libri di storia, anche un mobile da bar in madreperla. «Io, invece, ho la Treccani del signor Dante - racconta Gianni. - Me l’hanno regalata e io l’ho accettata volentieri. Sarebbe probabilmente andata perduta».

Casa Cavazzini e i dettagli che fanno la differenza

Come per Tosoratti, altri pezzi dell’abitazione sono stati affidati ai collaboratori, così come tanti sono stati i doni elargiti da Cavazzini. Nella sua autobiografia, lui stesso racconta del suo periodo in carcere in via Spalato e del denaro agli altri detenuti. O ancora si legge, nel brillante racconto che Cavazzini ha fatto della sua vita, di quella volta che incontrò Titti, un ragazzo con la sindrome di Down, e ha deciso di proteggerlo e aiutare lui e sua mamma vedova. «L’amore per gli altri e per la sua famiglia era una delle sue peculiarità», spiega Elena Commessatti ai lettori. Quelle stanze, infatti, progettate da Ermes Midena e affrescate per ospitare la sua bellissima sposa, Anita Flebus, sono state il rifugio anche della mamma Clotilda e dei fratelli.

La sala da pranzo, impreziosita dal lavoro di Basaldella, è la pietra più bella nascosta tra gli altri gioielli pittorici. Cavazzini credeva negli altri: «Se fosse qui gli direi grazie - aggiunge Tosoratti -, grazie perché mi ha accettato come fattorino e mi ha fatto crescere, fino ad affidarmi la revisione dei suoi conti».

Difficile credere che una casa possa diventare un museo: la prima nasconde agli occhi indiscreti i dettagli di vita, il secondo li mette in mostra. Eppure Casa Cavazzini riesce perfettamente in questo connubio. Anzi fa di più: esalta l’ordinario e lo rende straordinario.

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