I medici snobbano i vaccini. L'accusa di Bassetti: è una vergogna
Solo il 9% ha effettuato la prevenzione. «Così fanno da spalla ai no-vax». L’infettivologo: «Danni ai pazienti, la profilassi dovrebbe essere imposta»

UDINE. Poco più di un anziano ultra 65enne su due (il 52%) si è finora vaccinato, ma il dato che inevitabilmente fa più discutere e sta creando già polemiche all’interno degli ambienti medici, è che appena il 9% dei dipendenti (medici e infermieri) delle Aziende sanitarie si è sottoposto alla profilassi antinfluenzale. «E’ uno scandalo – tuona il direttore della clinica di malattie infettive, Matteo Bassetti -. Mi vergogno per quei colleghi che non hanno capito l’importanza del gesto. È il chiaro sintomo che abbiamo fallito. Io per primo che non sono riuscito a far capire quali sono i doveri di un medico che entra a contatto con il paziente».
Indubbiamente la campagna antinfluenzale non ha colpito nel segno. È ancora presto per parlare di flop, ma le aspettative a inizio stagione erano altre. Si sperava di agganciare l’onda lunga delle vaccinazioni obbligatorie nelle scuole. A tal punto che erano state distribuite 10 mila dosi in più complessivamente nel pordenonese e nel capoluogo udinese. Eppure qualcosa non è andato per il verso giusto. Bassetti è profondamente deluso. «E poi – dice – ci lamentiamo della presenza dei no vax. Sono proprio quei medici che non si vaccinano che prestano il fianco e fanno da spalla a chi rifiuta categoricamente le profilassi. Serve – continua – un cambio culturale. Fosse per me sarei favorevole alla vaccinazione antinfluenzale obbligatoria per i medici. È il primo passo da fare».
La somministrazione, lo ricordiamo, non è obbligatoria ma raccomandata per le persone con età pari o superiore a 65 anni; bambini di età superiore ai 6 mesi; ragazzi e adulti fino a 65 anni affetti da patologie che aumentano il rischio di complicanze; bambini e adolescenti in trattamento a lungo termine con acido acetilsalicilico, a rischio di sindrome di Reye in caso di infezione influenzale; donne che all’inizio della stagione epidemica si trovino nel secondo e terzo trimestre di gravidanza; individui di qualunque età ricoverati presso strutture per lungodegenti; familiari e contatti di soggetti ad alto rischio; medici e personale sanitario di assistenza.
Ma se il dato degli ultrasessantacinquenni si allinea a quello degli anni scorsi - si andava dal 57% di vaccinati nell’Aas5 al 53% nell’Asuiud – quello dei medici è addirittura in calo. La copertura vaccinale lo scorso aveva raggiunto la media dell’11,1% con “picchi” del 12% nell’Azienda universitaria integrata udinese e nella Aas 3.
«Non lo devono fare per loro – spiega Bassetti – ma perché possono diventare veicolo di focolai d’influenza per i pazienti. E poi non possono permettersi di stare a casa. Devono garantire il servizio».
Deluso anche Paolo Pischiutti, direttore regionale dell’area prevenzione e promozione della salute. «Il fatto che una delle persone influenzate sia morta nonostante godesse di buona salute deve far capire l’importanza della vaccinazione. Morire nel 2018 per influenza è anacronistico. Sono arrabbiato per il dato dei medici. E sono preoccupato per quello degli ultra 65enni. Spesso si dice che il vaccino costa. Ma è ancora più caro il prezzo che deve pagare l’intero sistema della sanità per una persona che viene ricoverata per molti giorni per una influenza».
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