I primi 100 giorni di Debora Ho scelto il Fvg. E non me ne pento

Intervista con la Governatrice del Friuli-Venezia Giulia. Negoziare con lo Stato, investire in infrastrutture, ridurre i costi: le priorità della presidente
Debora Serracchiani interviene durante la festa del Pd di Roma il 24 luglio 2009 alle terme di Caracalla. ANSA / GUIDO MONTANI
Debora Serracchiani interviene durante la festa del Pd di Roma il 24 luglio 2009 alle terme di Caracalla. ANSA / GUIDO MONTANI

UDINE. Sono trascorsi poco più di cento giorni da quando Debora Serracchiani è stata eletta presidente della Regione Friuli Venezia Giulia con quasi 2 mila voti in più di Renzo Tondo. Cento giorni intensi, ma ancora troppo pochi per dare giudizi definitivi, anche se la partenza sembra buona. E’ il momento, però, di abbozzare un primo bilancio e tracciare le linee guida per la ripresa dell’attività post Ferragosto.

Presidente ci dica la verità: credeva veramente nella vittoria?

In politica chi dice di essere sicuro, come minimo, è arrogante. Vero è che sapevo non sarebbe stato facile, ma che girando i nostri paesi e le nostre città la volontà di cambiamento si percepiva chiaramente.

Qual è stata la sua carta o le sue carte vincenti?

Credo la volontà di ascolto e l’impegno quotidiano, uno stile che adesso è anche lo stile di governo, nel confronto con i protagonisti della nostra regione: i cittadini.

Cos’ha il suo governo in più rispetto a quello di Tondo?

Fuori di qualunque polemica, credo di poter contare su una giunta più forte e coesa e su un diverso rapporto con il governo nazionale con il quale, dialogando e presentando le nostre priorità, si possono ottenere risultati importanti.

In questi cento giorni le vanno indubbiamente riconosciuti un impegno notevole e ottimi risultati: tra le altre cose, è riuscita a fare inserire la terza corsia nel decreto del Fare e avete approvato la legge che riduce i costi della politica. Peccato per i rimborsi spese: era così difficile fare passare una norma che prevedesse semplicemente il rimborso documentato del viaggio, dell’eventuale vitto e dell’alloggio?

Fin dall’inizio abbiamo scelto come modello il decreto Monti, che prevede i rimborsi forfettari, puntando a migliorarlo in molti aspetti. Ci siamo riusciti con soddisfazione tagliando le indennità, i rimborsi, i finanziamenti dei gruppi e azzerando definitivamente i vitalizi. Un risparmio di 40 milioni nella legislatura che dimezza il costo di ogni singolo consigliere rispetto al passato. In tutto c’è sempre un “meglio” che si poteva fare e in questo caso, pur accettando la scelta del Consiglio, avrei preferito la rendicontazione dei rimborsi.

Ma le sembra giusto che un consigliere si “becchi” 3 mila euro cash e poi magari per tutto il mese - tipo ad agosto - si muove da casa una volta sola?

Abbiamo previsto che l’assenza dai lavori comporti la riduzione dell’indennità proprio per andare verso un sistema che sanziona chi non svolge appieno il suo compito di rappresentante dei cittadini. Detto questo l’attività dei consiglieri, così come quella della giunta, non si esaurisce all’interno dell’aula del consiglio, ma si sviluppa anche nei rapporti con il territorio e con i cittadini, e questo costa. Spetta poi ai cittadini valutare, ogni cinque anni, come sono stati spesi i soldi da parte dei singoli consiglieri.

Ma quando diceva che il commissario per la terza corsia in A4 era inutile scherzava?

Assolutamente no. I risultati parlano chiaro e confermano che la struttura commissariale, in passato, ha contributo soltanto ad aumentare i costi senza contenere l’aumento dei tempi di realizzazione dell’opera. Faccio presente che quando vado a Roma a parlare con il Governo di terza corsia lo faccio in primo luogo come presidente del Friuli Venezia Giulia.

Scusi presidente, ma in questo Paese (purtroppo) crede davvero si possa fare un’opera simile in tempi abbastanza certi senza un commissario?

Per come abbiamo trovato la situazione, verrebbe da dire che non è possibile nemmeno con il commissario, visto che nessuna delle scadenze previste dal cronoprogramma è stata rispettata. Poi, è vero che la selva burocratica che avvolge la realizzazione delle infrastrutture va abbattuta per far tornare questo Paese alla normalità nella realizzazione delle opere, senza il continuo utilizzo dei commissari.

Forse era più onesto dire che non si fidava di Riccardo Riccardi...

Mi limito a dire che la strategia del “fasin di bessoi” non ha prodotto nulla.

Andiamo oltre i suoi primi cento giorni: quale futuro per Mediocredito, Friulia e Frie e quali vantaggi per le imprese?

Il tema del credito alle imprese è cruciale. Per assicurare un futuro al nostro sistema produttivo dobbiamo, da un lato, supportare le imprese garantendo loro quella liquidità che faticano a reperire nel mercato bancario, dall’altro lato, dobbiamo aiutarle a trasformarsi in senso sempre più competitivo nel contesto globale. Friulia, Mediocredito, Frie sono, nella loro diversa missione, gli strumenti di questa strategia. Sui meccanismi di rotazione, come il Frie, siamo già intervenuti con una robusta iniezione di risorse - quasi ottanta milioni di euro - stanziati con la recentissima manovra anticrisi. Su Friulia e Mediocredito stiamo elaborando nuovi piani strategici, che si dovranno ispirare, tra l’altro, a un forte coordinamento con il governo regionale, a una sempre maggiore vicinanza al territorio e a una selezione del management con criteri di elevata professionalità.

Ci spiega la sua idea di riforma sanitaria?

Potenziare l’offerta del territorio per garantire una efficace assistenza, vicina ai bisogni delle persone. Una riforma sanitaria che funzioni deve partire da qui. Siamo consapevoli dell’andamento delle risorse pubbliche e quindi dovremo garantire dei risparmi che ritengo possibili intervenendo sugli sprechi senza intaccare il servizio. Per farlo riconvertiremo le strutture della rete ospedaliera in base alle diverse esigenze dei territori e della popolazione.

Crede si possa cancellare o ridurre il patto Tremonti-Tondo (370 milioni l’anno per l’attuazione del federalismo)?

Si può intervenire lavorando assieme al Governo nazionale, come stiamo facendo su diversi tavoli ministeriali. L’inizio della trattativa è incoraggiante e, sottolineando il ruolo che questa Regione ha e la funzione che può esercitare a vantaggio dell’intero Paese, sono fiduciosa sugli esiti. Un Friuli Venezia Giulia che investe sulle infrastrutture, crea innovazione e fa crescere l’economia conviene a tutti e a Roma se ne stanno rendendo conto.

E sul Patto di stabilità: si sente di dare delle garanzie ai sindaci?

Innanzitutto la garanzia che questa amministrazione sta lavorando, anche in questi giorni, per andare incontro ai bisogni di imprese e cittadini. Nelle trattative col Governo qualche spazio finanziario in più siamo riusciti ad ottenerlo, ma non siamo ancora ad un livello sufficiente per dare sollievo alle nostre amministrazioni locali e, ripeto, soprattutto alle imprese che attendono di essere pagate per lavori, a volte, già eseguiti da tempo. Una prima risposta a loro favore è contenuta nella legge anticrisi che abbiamo approvato la scorsa settimana, e continuiamo in questa direzione.

Ministro o presidente della Regione?

La mia scelta l’ho fatta in maniera chiara l’anno scorso. Ho scelto il Friuli Venezia Giulia. Sono però convinta che l’esercizio di un ruolo nazionale porta vantaggi anche alla nostra Regione, dandole un ruolo di maggior rilievo a Roma.

Segretaria del Pd o presidente della Regione?

La risposta è la stessa.

Voto o avanti con questo governo?

Avanti con questo governo fino a quando potrà portare risultati concreti nell’interesse del Paese come, in parte, è riuscito a fare fino ad oggi con il “decreto del fare” e altre norme che hanno interessato direttamente anche la nostra Regione. Se non sarà in grado di realizzare le riforme necessarie non vedo altra strada che il ritorno al voto.

E intanto il Pd che cosa deve fare?

Il Partito democratico deve rialzare la testa sulle riforme, a cominciare da quella elettorale, e non perdere l’occasione rappresentata dall’appuntamento con il congresso. Non ho mai voluto demonizzare il passato, ma serve un nuovo inizio.

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