I produttori dicono sì: vino Friulano nel cartone

Finora l’utilizzo dei bag in box non era permesso da nessuna delle 8 Doc regionali Ma il Collio si astiene. In molti preoccupati: «Così perdiamo fasce di mercato»

UDINE. Il Friulano Doc in confezione da supermercato. Potrebbe sembrare una boutade. E invece è una possibilità che si cela fra le righe del disciplinare di produzione per la Doc unica del Friuli Venezia Giulia, che si sta cercando, a fatica e fra le polemiche, di costituire. Disciplinare che è stato approvato a maggioranza il 19 luglio dal tavolo regionale dei Consorzi di tutela dei vini, con la sola astensione del Collio e Carso (il quale, invece, sottoporrà il documento ai soci in una prossima assemblea).

Nell’ultimo articolo, il n°8, si dice che per il confezionamento e imbottigliamento dei vini sono consentiti tutti i contenitori e i sistemi di chiusura «previsti dalla normativa vigente». Tra i recipienti ammessi dalla legislazione nazionale e comunitaria, però, c’è anche il bag in box, contenitore in cartone di ultima generazione. È stato un decreto dell’allora ministro delle politiche agricole Luca Zaia, il Dm 4 agosto 2008, a sdoganare questa tipologia di recipienti (della capacità superiore ai 2 litri) per i vini Doc. Finora nessun disciplinare delle otto Doc regionali, però, aveva mai permesso l’utilizzo dei bag in box, che, peraltro, garantiscono una perfetta conservazione del prodotto: tutti i vini dovevano essere immessi sul mercato in bottiglia. In base al decreto legislativo 61/2010, infatti, è proprio il disciplinare a stabilire la tipologia di recipienti, nel rispetto delle normative vigenti.

Per poter utilizzare i bag in box, il singolo Consorzio avrebbe dovuto modificare il disciplinare, inviando la richiesta al Mipaaf, previa deliberazione dell’Assemblea dei soci, unitamente al parere favorevole della Regione. Con la creazione ex novo della Doc unica, invece, si può bypassare la procedura, inserendo direttamente nel disciplinare i contenitori alternativi. Il decreto Zaia, già tre anni fa, aveva scatenato un acceso dibattito a livello nazionale e ora non manca di suscitare perplessità anche in Friuli Venezia Giulia. Quali potranno essere le ricadute di una simile operazione sul nuovo marchio regionale dal punto di vista della promozione e del rilancio? Il timore di alcuni produttori vitivinicoli storici è che la coesistenza, sotto la medesima etichetta “Doc”, di vino in bottiglia e vino in cartone possa provocare un ritorno di immagine negativo per l’intera produzione. Per strizzare l’occhio a un consumo di massa, specie nei paesi scandinavi, dove i bag in box sono particolarmente apprezzati, si rischierebbe, dicono, di perdere le fasce di mercato medio-alte. Non è dello stesso avviso il presidente regionale di Assoenologi Rodolfo Rizzi.

«Noi siamo convinti – osserva Rizzi – che il consumo si stia modificando e allontanandosi dai canali classici della ristorazione per privilegiare gli ambienti familiari. Siamo aperti a qualsiasi opportunità: vino in bottiglia o la commercializzazione parallela in bag in box, che non vanno demonizzati. Saranno, poi, le singole aziende a scegliere il recipiente. Non è certamente così che si sminuisce una zona vitivinicola ed è inutile arroccarsi dietro a concetti ormai superati dal mercato. Non conta il contenitore ma il contenuto, che deve essere di qualità». Il nuovo disciplinare inoltre fissa a 150 quintali di uva la produzione massima per ettaro (mentre ora, ad esempio, nel Collio, la resa può arrivare a 110 quintali) e potranno essere comprese nella Doc anche le eccedenze, nelle annate favorevoli, fino al 20% . Insomma, si potrà arrivare fino a 180 quintali di uva per ettaro vitato, senza alcun rapporto fra superficie e ceppi di vite.

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