Il caso della strage di Punta Raisi approderà presto in Parlamento

Restano due le sorgenti alle quali i familiari delle vittime del disastro aereo di Montagna Longa possono sperare di abbeverarsi per tentare di placare l’ultraquarantennale sete di giustizia. C’è la...

Restano due le sorgenti alle quali i familiari delle vittime del disastro aereo di Montagna Longa possono sperare di abbeverarsi per tentare di placare l’ultraquarantennale sete di giustizia. C’è la fonte giudiziaria: l’istanza di riapertura delle indagini sulla strage dei cieli che nel 1972 causò a Palermo 115 vittime è stata depositata nei giorni scorsi alla Procura di Caltanissetta, con allegata la perizia del professor Rosario Ardito Marretta, secondo cui a causare lo schianto del Dc8 dell’Alitalia sarebbe stato non un errore umano, ma l’esplosione di un ordigno posizionato sull’ala destra del velivolo. Una tesi, questa, già emersa negli anni successivi alla tragedia, ma mai presa in considerazione da investigatori e giudici, che hanno prosciolto dalle accuse i vertici dell’aeroporto siciliano di Punta Raisi, addossando di fatto le colpe sui piloti dell’aeroplano, schiantatosi a Montagna Longa alle 22.24 del 5 maggio 1974.

L’altra fonte è ancora a secco: sgorgherà – almeno questo è l’auspicio – quando si diraderanno le nubi che avvolgono il quadrilatero compreso tra il Quirinale, palazzo Madama, Montecitorio e palazzo Chigi. Sì, perché l’obiettivo è quello di “parlamentarizzare” il caso di Montagna Longa, facendo arrivare il faldone con la perizia del professor Marretta sul tavolo della costituenda commissione Stragi. «È un passaggio che i familiari delle vittime non intendono risparmiarsi – spiega il docente dell’Università di Palermo –. Speriamo di trovare sponda nei parlamentari, magari anche in quelli friulani che sono toccati dalla tragedia per la vicenda del comandante Roberto Bartoli». Che, allora quarantunenne, era nella cabina di pilotaggio del volo AZ 112. Originario di Forlì, Bartoli si era trasferito ancora bimbo a Udine: aveva abitato in Chiavris con i genitori e la sorella Fanny, che oggi – a distanza di 46 anni dalla tragedia – chiede che la perizia di Marretta venga presa in considerazione dalle Procure che all’epoca avevano indagato sul caso, forse frettolosamente derubricato a incidente aereo. «Chiediamo che venga riabilitata la figura di Roberto, considerato ingiustamente responsabile di quella strage», assieme ai colleghi al primo fficiale, Bruno Dini, che pilotava l’aeromobile, e al tecnico di volo Gino Di Fiore, addetto al controllo e gestione di tutti gli impianti di bordo.

«Siamo interessati a farci avanti per promuovere un’azione, per il tramite dell’associazione dei familiari delle vittime in Parlamento», conferma Roberto De Re, nipote di Bartoli e figlio di Fanny.

La palla passa ora a deputati e senatori (in primis a quelli friulani), che potrebbero spingere perché la questione approdi alla commissione permanente sulle stragi. Sullo sfondo, stando alle rivelazioni emerse grazie alla sofisticata rielaborazione costruita dal professor Marretta sulla base di modelli matematici mai usati prima, l’ombra di un attentato. La matrice? Resta tutta da chiarire.

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