Il cavallino Ferrari è nato nel cielo di Carnia
Il libro di Guido Della Schiava ripercorre le imprese di Baracca in val Chiarsò e svela come il suo emblema finí sui bolidi rossi

Il Cavallino rampante, simbolo della Ferrari, fu un dono deLla madre dell’asso dell’aviazione Francesco Baracca, che si fregiò di un simbolo preso al nemico durante le battaglie aeree nel cielo della Carnia. Finí nelle mani di Enzo Ferrari che poté apporlo sui suoi bolidi rossi leggendari, omaggio indelebile al grande aviatore. Lo rivela Guido Della Schiava, in un libro che presenterà sabato ad Arta Terme.
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TOLMEZZO. Nonna Cecilia (Zilie) gli parlava spesso di un aereo di legno e tela caduto nei pressi del suo prato del Selet. Mai però il carnico Guido Della Schiava avrebbe potuto immaginare che, quarant’anni dopo, prendendo spunto da questo e da tanti altri aneddoti, si sarebbe imbattuto in una storia che ha dello straordinario. Il Cavallino rampante della Ferrari infatti, notoriamente legato alla figura del pilota Francesco Baracca, avrebbe avuto origine proprio in Carnia, in una radura di Lovea.
Questo episodio, insieme a molti altri, è racchiuso nel libro Carnia. Dalle storie ignorate al mito del Cavallino Rampante, scritto dal Della Schiava con l’intento di salvaguardare la memoria storica della sua terra, la Val Chiarsò. Il testo sarà presentato sabato 28 gennaio all’ex albergo Savoia di Arta Terme. «Questa non è la storia ufficiale, quella scritta sui libri – si premura di precisare l’autore –, bensí la viva storia locale, quella dei ricordi e delle testimonianze».
La narrazione, prima di concentrarsi sulla figura di Baracca, snocciola una serie di eventi che hanno interessato la Val Chiarsò tra la prima e la seconda Guerra mondiale: la visita del re Vittorio Emanuele III a Illegio, la Grande guerra raccontata da alcuni brani del diario di Benito Mussolini soldato sul fronte carnico, le cadute degli aerei alleati sul monte Sernio (nell’agosto 1944) e in località Roncs (nell’aprile 1945). Storie di persone, di luoghi e di Carnia, scritte da Della Schiava in maniera a volte, se si vuole, anche un po’ caotica, ma con un trasporto che tradisce la profonda ammirazione per la sua terra.
Preamboli per arrivare al cuore del libro. L’intreccio tra Baracca, la Carnia e la Ferrari. L’asso dell’aviazione italiana ha avuto la possibilità di fregiarsi di questo titolo proprio grazie all’abbattimento di un aereo nemico sui cieli della Carnia.
Baracca, il 25 novembre 1916, partí dall’aeroporto di Santa Caterina incrociando un aereo nemico tra Timau e Paluzza. Dopo un duello avvincente, avvenuto poco prima di mezzogiorno, e di cui Della Schiava ha raccolto i racconti di alcuni testimoni, l’asso, originario di Lugo di Romagna, riuscí a far precipitare l’aereo nemico, un Hansa Brandenburg 68.03 della Flik 16 austriaca. Baracca atterrò a Cavazzo e si diresse nel luogo dell’abbattimento, tra Piedim-Lovoreit e Masareit-Lovea.
«Al suo arrivo – scrive Dalla Schiava – salutò militarmente i nemici feriti e strinse loro cavallerescamente la mano». Le regole del codice d’onore dell’epoca prevedevano che alla quinta vittoria aerea ottenuta, il pilota venisse proclamato ufficialmente “asso”, acquisendo il diritto–dovere a utilizzare come proprio, l’emblema del nemico sconfitto. Destino volle che il simbolo dell’aereo abbattuto in Carnia fosse il cavallo della città tedesca di Stoccarda, che Baracca fece proprio trasformandolo in Cavallino rampante.
Un’effigie poi donata dalla madre dell’aviatore a Enzo Ferrari, affinché lo utilizzasse sulle sue automobili, i primi grandi bolidi del Novecento. «Quando vediamo correre forte il Cavallino sui circuiti di Formula Uno in tutto il mondo – conclude Della Schiava nel sul libro – ricordiamoci che la storia del marchio automobilistico piú famoso al mondo è legata indissolubilmente al Friuli, alla Carnia, alla val Chiarsò e al prato di nonna Cecilia».
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