Il centro cambia volto dall’inizio dell’anno chiusi sei negozi storici
Liquidazione totale, cessata attività o tanto per cambiare «piovono le grandi occasioni». Il senso non cambia: in centro chiudono i negozi storici. Da fine dicembre almeno sei commercianti hanno annunciato o abbassato definitivamente le saracinesche. Uno al mese. «La gente si diverte a comprare online», commenta Roberto Falcomer, il titolare dell’omonimo negozio di via Mercatovecchio che, a 30 anni dall’apertura, fa un passo indietro per concentrarsi sugli 11 punti vendita che gestisce tra Pordenone (5), Portogruaro (4) e San Donà (2).
Il fenomeno
E se Falcomer cede l’attività al suo dirimpettaio anche lui commerciante di calzature, Rudy Croatto, si ritira per mancanza di eredi. Analoga la scelta di Alessandra Adami Di Sopra e di Edoardo Bidoia, rispettivamente titolari della boutique Adami di piazza San Giacomo e dell’Emporio dei tessuti di via Poscolle. Non sono da meno l’armeria “Pannilunghi” in piazza Garibaldi e “Giacomini calzature” in via Pracchiuso. La libreria Friulibris, invece, ha preferito cambiare piazza e spostarsi a Tolmezzo. Stiamo parlando di negozi aperti almeno 30 anni fa che hanno contribuito a scrivere la storia della Udine emporiale tanto menzionata anche nei programmi elettorali. Alla base di questa scelta fatta non certo a cuor leggero, ci sono i mancati passaggi di testimone da padre in figlio o dal titolare al commesso come avveniva in passato, il calo delle vendite favorito dall’e-commerce che, in molti casi, invoglia la clientela a provare i capi nei negozi per poi ordinarli online e il consumo usa e getta anche dei capi di abbigliamento. Senza contare che negli spazi sfitti non subentrano altri marchi di abbigliamento bensì gli accessori. Il problema esiste anche se le statistiche evidenziano saldi positivi tra chiusure e aperture di attività.
I protagonisti
I primi a rendersi conto che i tempi stanno cambiando sono i commercianti: «Non c’è più il gusto di farsi consigliare», continua Falcomer sapendo che nei suoi negozi non entrano i giovani: «Dai 17 ai 25 anni sono connessi in rete». Secondo Falcomer in rete non si prediligono capi originale, si presta più attenzione al prezzo e soprattutto all’usa e getta. E poi ci sono gli outlet, i negozi che propongono a prezzi ribassati i capi della stagione precedente o le rimanenze di magazzino. «Chi acquista negli outlet sa di trovare o prodotti fatti solo per gli outlet o non di stagione» insiste Falcomer soffermandosi sui centri commerciali che circondano la città. «Anche lì – conclude Falcomer – è un momento un po’ stanco, chi entra non sempre acquista».
Il “decano”
Dello stesso avviso chi, come Gianni Arteni, ha saputo cogliere l’attimo quando la domanda superava l’offerta. «Oggi l’offerta supera la domanda di almeno il 40 per cento» sottolinea il “decano” del commercio soffermandosi su questo dato per ricordare che il Friuli Venezia Giulia resta la regione con la maggior concentrazione di centri commerciali. «La gente trova le stesse cose nel circondario e questo fatto la induce a frequentare sempre meno la città». Conseguente la riflessione: «Si potrebbe dire – spiega – che in centro l’offerta dovrebbe essere più esclusiva, ma oggi di esclusivo non c’è più niente». La globalizzazione ha scardinato ogni certezza compreso il valore aggiunto contabilizzato un tempo da chi aveva la sede in centro storico. «In passato le aziende situate nelle fasce medio alte non uscivano dal centro storico per un fatto di immagine» ricorda Arteni lasciando intendere che il cuore di Udine era considerato un buon biglietto da visita. «Con l’ingresso nel web ora tutti sono ovunque anche dove si applicano sconti del 70 per cento che è immorale». Questo per dire che nell’era della globalizzazione e del web, nel commercio «manca l’equilibrio tra valori veri e prezzi applicati al banco, la gente è frastornata e l’incertezza è la peggiore cosa». Senza contare che anche il centro sta cambiando. Da un lato i clienti sanno di trovare angoli caratteristici pieni di fascino, dall’altro di dover cercare un parcheggio con il rischio di imbattersi nella polizia urbana che sta multando a tutte le ore. «Trent’anni fa quando ho aperto a Tavagnacco mi additarono come il colpevole della morte del centro, ora non si colpevolizza nessuno. Resta il fatto che un friulano su tre acquista nel negozio virtuale e che per il negozio fisico c’è poco da sperare. Non so se servirà ancora avere negozi gestiti da professionisti sul territorio, se non sarà così resteranno solo i costi fissi». E se questo è il tema da dibattere, Arteni non si astiene dal proporre un’analisi pubblica auspicando «che la politica prenda a cuore le vetrine». —
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