Il comitato: "Terna, solo un ok su carta per ripartire da zero"

Tibaldi (Comitato per la vita del Friuli rurale) mette in guardia dopo l’accordo. «Il ministero ha autorizzato non la ripresa dei lavori, ma il riavvio dell’iter»

MORTEGLIANO. All’annuncio di Terna circa l’ok del ministero dello Sviluppo economico alla ripresa dell’iter per l’elettrodotto Redipuglia-Udine, immediato il commento del Comitato per la vita del Friuli rurale. La nota “I giullari di Terna” di Aldevis Tibaldi sui siti del comitato sottolinea che non si è autorizzata la ripresa dei lavori sui 40 km di linea, ma il riavvio del procedimento autorizzativo.

Carte, non imprese sui piloni: solo l’esito del nuovo iter dirà se l’opera può ripartire. Terna del resto tenta due vie: oltre alla richiesta al Mise (accordata dunque) di “rideterminazione” del procedimento, c’è il ricorso in Cassazione contro lo stop del Consiglio di Stato.

Il comitato denuncia il «protrarsi di menzogne e complicità che il Consiglio di Stato ha definito imbroglio, ovvero “sviamento di potere”, non sulla base, come si vuol far credere, di un vizietto di forma sanzionato da una magistratura ostile al progresso».

Terna infatti, dando notizia del decreto Mise sul riavvio del procedimento, aveva riferito della richiesta, da parte dello stesso ministero, di «documentazione necessaria a sanare il vizio di forma contestato al Consiglio di Stato».

«Menzogne – ribadisce Tibaldi – per occultare complicità e ricatti, in un crescendo che trova la sua ragione non certo nelle reali necessità e sicurezza energetica della Regione. L’elettrodotto nasce nel niente e finisce nel niente, portando energia pari a due centrali nucleari».

Terna, non essendo riuscita, secondo il comitato, «a strappare un decreto salvaelettrodotto a Renzi in visita in Fvg», ha chiesto di ricominciare da capo. «Del resto – suggerisce sconcertato Tibaldi – come dubitare della collaborazione di quegli stessi uffici ministeriali che si sono spesi per favorirla e taroccare le procedure?».

Il comitato sottolinea criticamente «la prosecuzione dei lavori (ulteriore 10% dichiarato) nell’indifferenza degli organi giudiziari e di polizia, pur nella consapevolezza dell’abusività dell’opera» e stigmatizza «il ricorso di Terna al prefetto affinché premesse sugli agricoltori che in ragione della sentenza del Consiglio di Stato si rifiutavano di permettere l’accesso alle proprietà».

Sulla presunta necessità dell’opera si rimarca che «Benedetti dopo averci messo la faccia avrebbe dovuto ammettere che i nuovi impianti funzionano anche senza la nuova linea». Invano Terna «tirerà in ballo la Danieli e il rischio delocalizzazione, nel ricorso suicida in Cassazione».

Oltre alla nota di Tibaldi – la 536ª su “ecomostro” e dintorni –, giungono commenti dello stesso tenore. Come quello di Francesca Giorgetti: «Non un vizio di forma alla base della sentenza del Consiglio di Stato, ma il rischio di deturpamento ambientale, reato punibile penalmente».

Giorgetti, che scrive dall’Emerson College (Sussex), vorrebbe sentire «la voce delle vittime degli elettrodotti: gli agricoltori espropriati e i malati di cancro».

Per i sette sindaci che resistono in Cassazione parla Alberto Comand di Mortegliano: «Sarà confermato il parere del Consiglio di Stato e Terna dovrà presentare un progetto del tutto nuovo, che rispetti il pregio paesaggistico». La scorciatoia di emendare il parere della Soprintendenza (non l’unico negativo secondo Comand), prelude quindi ad altra azione legale contro Terna.

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