Il Covid ha messo in ginocchio turismo e ristorazione, ma è l'edilizia a rischiare il tracollo

UDINE. Il settore più a rischio in caso di nuove “serrate” legate al Covid-19? Secondo il Cerved non si tratta dei maggiori indiziati, vale a dire turismo e ristorazione, ma delle costruzioni.
In caso di ulteriori ondate del virus, e di nuovi lockdown, la previsione più pessimistica (quasi catastrofica, visto che lo scenario arriva a contemplare altri quattro mesi di chiusura, fino a un totale di sei), sarebbe a rischio chiusura, anche per effetto delle insolvenze, il 22% delle imprese edili, più di una su cinque, contro il 19% degli alberghi e dei ristoranti e il 18% delle imprese del settore automotive, anch’esse in forte crisi a causa della contrazione della capacità di spesa.
A livello generale, facendo la media tra i diversi settori, sei mesi di stop comporterebbero il default per il 15% delle aziende a livello nazionale e il 14,2% nel Nordest: percentuali da dimezzare nello scenario più soft, cioè senza ulteriori lockdown nei prossimi mesi.
Già in questa prospettiva, in ogni caso, alberghi e ristoranti hanno lasciato sul terreno almeno un terzo del fatturato 2020, e l’edilizia il 17%.
«Senza entrare nel merito di questi numeri, posso solo dire che già prima del Covid il settore non era in salute: se il numero degli addetti era ricominciato a risalire, si tratta di un effetto che si sgonfierà con la fine dei lavori della terza corsia. Lavori che non hanno generato grandi ricadute sulle imprese del territorio».
Roberto Contessi, presidente di Ance Fvg e Triveneto, guarda oltre all’emergenza in atto: «Questo settore – dichiara – viene da dieci anni di crisi e di leggi mal fatte, che non hanno contribuito a fare meritocrazia tra le imprese e hanno ridotto ai minimi termini i margini di profitto.
L’edilizia come volano per la ripresa? Lo sentiamo dire da tanti anni e il superbonus può essere un segnale, ma un vero progetto a sostegno del settore non si è visto e non si vede. Anche guardando alle misure anti crisi, Stato e Regione hanno cercato di coprire un po’ tutti, fuorché noi».
A pesare, più che gli effetti del lockdown, è la debolezza strutturale di un settore impoverito fin dalla sua componente più importante: «Abbiamo perso un’intera generazione di muratori – prosegue Contessi – e questa professione ha perso attrattiva per i nostri giovani. Non è un caso se la manodopera è prevalentemente straniera».
Le misure per il rilancio? Secondo Contessi Regione ed enti locali dovrebbero copiare il modello Alto Adige: «L’85% delle opere pubbliche – spiega – è al di sotto della soglia del milione e potrebbe essere fatto con gare riservate alle imprese locali, perché è di assoluta evidenza che con quelle soglie un’impresa che venga da altre regioni non può essere competitiva, e sul nostro territorio esistono chiari impegni in tal senso.
I nostri funzionari pubblici potrebbero già operare in tal senso in base alla legge, ma non sanno assumersene la responsabilità. Credo che gli gioverebbe ricordarsi che a pagare i loro stipendi sono i cittadini e le imprese di questa regione e che affidando le opere a un’impresa locale il 18% delle tasse resta in Friuli Venezia Giulia».
Senza dimenticare, ovviamente, l’effetto volano: «Per ogni euro speso in edilizia – sostiene Contessi – se ne muovono altri 3,5 nell’indotto. Se incominciassimo a lavorare di squadra per sostenere le imprese locali, sia nel pubblico che nel privato, che vale l’80% dei nostri fatturati, sarebbe un grande passo in avanti e una spinta per tutta l’economia regionale». —
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