Il Covid lascia il segno, si riduce l’aspettativa di vita: da oltre 83 anni stimati nel 2019-2020 siamo passati a 82,1

Lo studio Istat: il Fvg è tra le poche regioni che peggiorano i dati anche nel 2021

Alberto Lauber

UDINE. Il Covid nel 2021 ha lasciato il segno soprattutto in alcune regioni e tra queste c’è il Friuli Venezia Giulia che, dopo aver pagato il suo tributo con un elevato numero di decessi, vede arrivare dall’Istat un verdetto severo anche sull’aspettativa di vita, che in soli dodici mesi passa da 83 anni ad 82,1.

La progressione verso il basso dunque è proseguita anche nel 2021, dopo che il dato 2020 aveva già ridotto l’aspettativa che nel 2019 era di 83,6.

L’Istat fa notare che se nel 2020 quasi tutta l’Italia ha peggiorato questo indicatore a causa della pandemia, nel 2021 molte regioni hanno invece mostrato importanti recuperi. Non è stato così per il Friuli Venezia Giulia, tra i pochi territori del Nord Italia a continuare la discesa, così come hanno fatto alcune regioni del Mezzogiorno come Molise, Calabria, Puglia e Sicilia.

Questi dati sono stati recentemente pubblicati dall’Istat all’interno del suo rapporto annuale Bes (Benessere equo e sostenibile). Si tratta di un lavoro imponente che fotografa il Paese in dodici grandi sezioni: salute; istruzione e formazione; lavoro e conciliazione dei tempi di vita; benessere economico; relazioni sociali; politica e istituzioni; sicurezza; benessere soggettivo; paesaggio e patrimonio culturale; ambiente; innovazione, ricerca e creatività; qualità dei servizi. Nel capitolo della Salute sono affrontati – fra gli altri – anche i temi dell’aspettativa di vita.

Le tabelle Istat indicano altri dati sulla salute in peggioramento dal 2019 al 2021, ossia dopo la bufera del coronavirus. Scende, per esempio, la speranza di vita in buona salute alla nascita, che in Friuli Venezia Giulia dai 61,8 anni del 2019 cala ai 60,9 anni del 2021 (l’indicatore misura il numero medio di anni che un bambino che nasce in un determinato anno di calendario può aspettarsi di vivere in buone condizioni di salute).

La pandemia ha avuto riflessi anche su altri aspetti della vita e della salute misurati dall’Istat, come la sedentarietà. Le disposizioni applicate al fine di contenere la diffusione del virus hanno notevolmente inciso su molti aspetti connessi alle abitudini della vita quotidiana, specialmente durante il lockdown del 2020. La sospensione di molte attività e il cambiamento delle abitudini ha dunque inciso nel primo anno di pandemia, mentre nel 2021 c’è stato un progressivo riavvicinamento all’attività sportiva e al movimento in generale. «Tuttavia – osserva l’Istat – , la diminuzione non ha riguardano i giovanissimi di 14-19 per i quali si è assistito a un aumento significativo della sedentarietà che è passata dal 18,6% al 20,9%.

Un calo consistente nella proporzione delle persone sedentarie si è, invece, osservato tra la popolazione adulta di 45-59 anni (-3,2 punti percentuali) e tra la popolazione anziana di 75 anni e più (-4,3 punti percentuali). Ciò che si è osservato nel 2021, ma che era in parte emerso anche nel 2020, è stata la diminuzione, specialmente tra i giovani di 14-24 anni, della pratica sportiva continuativa e parallelamente la crescita della pratica sportiva saltuaria e dell’abitudine a svolgere attività fisiche.

Queste modalità di pratica sono spesso caratterizzate dal fatto di essere svolte in modo destrutturato e al di fuori delle palestre e dei centri sportivi che, nel periodo pandemico, hanno sperimentato lunghi periodi di chiusura dovute alle restrizioni imposte per il contenimento del virus».

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