Il dolore in casa di riposo

Non è tempo di bilanci. Già si allungano ombre sull’estate incipiente e persino sul prossimo anno scolastico. Inutile, perciò, esibirsi in previsioni. Aspettiamo, pazientiamo, proteggiamoci. Voglio, però, sottrarmi dall’atteggiamento di quanti continuano a dire che va tutto male e andrà sempre peggio.
Credo che vivere in Friuli in queste settimane sia una benedizione, lo è sempre in verità, ma per ragioni diverse da quelle che sto per scrivere. La nostra struttura urbana, così rarefatta, il nostro sistema produttivo, così sparpagliato, e quel senso del dovere che, pur fra molti mugugni, possediamo ancora, ci sta facendo vivere al riparo dal furore della pandemia riscontrato nelle altre regioni del Nord. Sarà vero, poi, che ci piace segnalare tutte le magagne del sistema sanitario regionale.
Eppure, mi pare che anche stavolta ci abbia salvato dalla catastrofe, con picchi più o meno alti di efficienza, ma con servizi all’altezza della situazione. E che dire della Protezione civile e del volontariato? Nulla, se non «grazie». Lo stato di allarme costante in cui viviamo ci ha ripresentato tuttavia una questione che per un brutale eccesso di semplificazione avevamo accantonato: l’assistenza territoriale e la cura degli anziani costretti nelle case di riposo.
La politica tutta, a partire dai sindaci per salire su su fino ai consiglieri regionali, è ossessionata dall’ospedalizzazione. Se non c’è un ospedale sotto ogni campanile si urla alla spoliazione senza farsi troppe domande. Sta succedendo in questa ore a Cividale e Maniago, a esempio, le cui strutture di primo soccorso, quel poco che resta, sono state accorpate ai grandi ospedali dove servono di più. Parlando sempre e solo di posti letto abbiano scordato di porci interrogativi sulle case di riposo a gestione pubblica e sui servizi di prossimità che tengono gli anziani in famiglia. Non sono argomenti popolari, non portano voti, non piacciono. Se ne vedono le conseguenze.
Le case di riposo del Friuli non sono state abbandonate, non dev’esserci equivoco su questo. Ma sono, senza tema di smentita, le più provate con decine di morti e contagiati. Desta inquietudine il raffronto con le strutture private nelle quali, per ora, non si segnalano casi di decessi o infezioni gravi. I nostri anziani sbiadiscono reclusi senza altro conforto che quello offerto dalla fondamentale dedizione di medici e operatori sanitari. Per il modello di sanità autogestito che siamo e che la Regione vuole implementare non è abbastanza.
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