Il Frico di Carpacco non è un marchio: la sagra vince in tribunale e batte l'imprenditore

Il “Frico di Carpacco” non è un marchio registrabile e, pertanto, può continuare a essere utilizzato anche dall’associazione del paese che peraltro ne ha comunque acquisito il diritto per pre-uso ultradecennale. Lo ha stabilito la Sezione specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Trieste che ha dato ragione all’Ars, l’associazione ricreativa sportiva della frazione dignanese che da quasi quarant’anni organizza la Sagra del Frico (saranno come ogni anno presenti a Friuli Doc, nello stand di via Gemona) e torto a un’azienda che, pur non producendo lì il tipico piatto a base di formaggio e patate, era detentrice del marchio e ne reclamava il diritto di sfruttamento esclusivo.
La sentenza è stata depositata alla fine di giugno scorso ma la battaglia del frico è cominciata alcuni anni fa. «Nel 2013 – spiega Carlo Persello, presidente del sodalizio senza scopo di lucro all’epoca dei fatti – c’eravamo informati sulla possibilità di registrare il marchio “Frico di Carpacco”. Gli uffici competenti ci avevano risposto che non era possibile in quanto si trattava di un marchio non registrabile trattandosi di un prodotto troppo generico. La cosa non ci aveva preoccupato più di tanto e la vicenda si era chiusa così».
Agli inizi degli anni Ottanta con l’obiettivo di valorizzare e pubblicizzare i prodotti della latteria e il formaggio del paese, alcuni soci della latteria decisero di dar vita alla Fieste de Latarie. Il prodotto principe della manifestazione da subito divenne il frico di patate, piatto tipico friulano che vede nel formaggio l’ingrediente principale. La ricetta classica del frico prevedeva un tempo di preparazione pari a quattro ore così, per ovvi motivi, il procedimento fu modificato e migliorato tanto che oggi per cucinare un frico ci vogliono 13 minuti circa.
Da piccola sagra di paese in pochi anni la festa cambiò nome e divenne la Sagra del Frico, un vero e proprio evento che attira ogni anno migliaia di persone. La questione del marchio tornò alla ribalta nel 2016 quando nella sede dell’associazione arriva una lettera con la diffida da parte di chi quel marchio era riuscito a registrarlo.
«Giovanni Del Missier, titolare dell’azienda individuale Cibo Gourmet – spiega ancora Persello – era titolare del marchio del nostro frico e per questo, oltre a diffidarci dall’uso di quel nome, avanzava diverse richieste». Richieste che l’imprenditore ha voluto far valere in tribunale: all’udienza di prima comparizione il giudice del Tribunale di Udine ha pronunciato un’ordinanza con la quale dichiarava la propria incompetenza per materia e territorio. In pratica non era quello il tribunale competente, la questione doveva essere posta alla Sezione specializzata in materia di Impresa presso il Tribunale di Trieste. Del Missier, rappresentato dall’avvocato Bruno Garlatti, non si ferma e il contenzioso si sposta a Trieste. Il titolare della Cibo Gourmet vuole che i volontari di Carpacco, assistiti dall’avvocato Paolo Panella, socio dello studio Ponti&Partners, rispondano di contraffazione di marchio, non producano, commercializzino e pubblicizzino dei prodotti recanti il “suo” marchio.
Le richieste sono anche volte al risarcimento del danno. Il Tribunale di Trieste, oltre a rigettare tutte le richieste avanzate in quanto infondate, ha accertato e dichiarato la nullità del marchio registrato, con sentenza già passata in giudicato e quindi definitiva. L’imprenditore è stato anche condannato al risarcimento delle spese processuali. I cuochi della sagra, quindi, possono continuare a usare “Frico di Carpacco” per identificare il loro prodotto. —
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