Il Friuli Venezia Giulia e la “guerra alla plastica”: Udine e Pordenone le province più virtuose

In Regione la percentuale plastica raccolta è superiore alla media nazionale, ma inferiore a quella di altre aree del Nord. Dati, mappe e testimonianze per raccontare una transizione ecologica, oggi più che mai, necessaria . In collaborazione con Giornalettismo
BERLIN, GERMANY - AUGUST 15: Bales of sorted plastic, much of it from drin containers, stand at the ALBA sorting center for the recycling of packaging materials on August 15, 2017 in Berlin, Germany. The facility sorts plastics, metals, films, wrappers, drink cartons and other waste people in Berlin discard as trash into recyclable raw materials that can later be used in industry and manufacturing. (Photo by Sean Gallup/Getty Images)
BERLIN, GERMANY - AUGUST 15: Bales of sorted plastic, much of it from drin containers, stand at the ALBA sorting center for the recycling of packaging materials on August 15, 2017 in Berlin, Germany. The facility sorts plastics, metals, films, wrappers, drink cartons and other waste people in Berlin discard as trash into recyclable raw materials that can later be used in industry and manufacturing. (Photo by Sean Gallup/Getty Images)

Una corsa contro il tempo per consegnare alle nuove generazioni un Pianeta sostenibile. Se le piazze di tutto il mondo continuano a riempirsi di giovani pronti a sollecitare l’interesse dei politici sul problema delle emissioni e del riscaldamento globale, la plastica rappresenta un’emergenza non da meno, un’emergenza legata a doppio filo con il cambiamento climatico. 

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L’ultimo monito è stato lanciato dal WWF proprio la scorsa estate. Secondo stime dell’organizzazione ecologista, ogni anno finiscono nel Mar Mediterraneo oltre 570 mila tonnellate di plastica, una media che nel 2050 potrebbe addirittura quadruplicare. Dal 2000 ad oggi, il mondo ha prodotto più quantitativi di plastica di quanto ne abbia prodotti tutti gli anni precedenti. Di questa, circa il 75% è diventata un rifiuto, ossia un problema ambientale e sanitario consistente. 
 
Si perché, senza scomodare fenomeni eclatanti come il Great Pacific Garbage Patch, la più grande isola formata dai residui di plastica globali situata nell’Oceano Pacifico, gli effetti dell’inquinamento da plastica sono sotto gli occhi di tutti. Perché plastica vuol dire inquinamento e devastazione dei mari e degli ecosistemi marini, ma non solo.
 
 
Vuol dire anche produzione di C02: l’utilizzo di combustibili fossili è essenziale infatti nella sua produzione. Secondo gli scienziati, agli attuali ritmi, la fabbricazione di nuova plastica potrebbe essere la causa dell’incremento del 50% delle emissioni di anidride carbonica nel 2030, una delle componenti fondamentali del cosiddetto “riscaldamento globale”. E questo tipo di inquinamento potrebbe costituire anche un serio rischio per la nostra salute. Uno studio dell’organizzazione indipendente ORB media del 2017 ha dimostrato l’inquinamento da microplastiche forse non risparmia nemmeno l’acqua che beviamo. E se, sugli effetti delle microplastiche ingerite, nel corso della catena alimentare, da pesci e crostacei (che finiscono puntualmente sulle nostre tavole), ancora non ci sono studi scientifici esaustivi, i timori non sono pochi. Soprattutto per quanto riguarda gli additivi che queste micro-scorie possono spesso contenere. 
 
E in discussione sembra esserci l’idea stessa di consumismo:  “Il problema non è tanto la plastica in sé, ma l’utilizzo consumistico che se ne fa, la cultura dell’usa e getta e la gestione scorretta dei rifiuti. La plastica incide molto pesantemente sugli ecosistemi, basta vedere gli effetti che i nostri scarti producono nella vita di uccelli, tartarughe, balene e via dicendo” spiega Andrea Minutolo, coordinatore scientifico di Legambiente. 
 
Le risposte che tutti noi possiamo fornire sono in realtà piccoli accorgimenti da non scordare nel corso della nostra quotidianità ,ad esempio prediligere il vetro o limitare gli imballaggi. A livello industriale, oltre all’utilizzo di altri materiali, una delle strategie principali è senz’altro puntare sulla cosiddetta economia circolare. 
 
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La buona notizia è che la percentuale di rifiuti che si trasformano in raccolta differenziata in Italia progredisce da anni. Se nel 2014 ne erano state raccolte 1 milione di tonnellate, nel 2018 la percentuale sale 1.3 milioni. Una media che lancia il nostro Paese all’avanguardia in Europa per quanto riguarda il riciclo, ma che non è uniforme in tutto il Belpaese.
 
 
È il Nord che continua a guidare la transizione verso l’economia circolare, qui la percentuale di rifiuti differenziati ha raggiunto nel 2018 la cifra record del 67.7% contro il 54.1% del Centro e il 46.1% del Sud. Ma è il Mezzogiorno che ha fatto registrare, nel corso del 2018, il balzo in avanti più consistente: nel Meridione la percentuale di raccolta è aumentata di quasi cinque punti percentuali nel 2018 secondo le stime Ispra. 
 
 
L’Italia è infatti, come le ultime polemiche sulla Plastic Tax ci hanno ricordato, il primo produttore di manufatti in plastica dell’area mediterranea, ma anche uno dei leader del riciclo. “Abbiamo sicuramente molte pecche, ma l’Italia è sicuramente fra i paesi leader della cosiddetta ‘economia circolare’, nel nostro Paese ci sono molti comuni virtuosi e molti fiori all’occhiello mondiali per quanto riguarda l’industria del riciclo” sottolinea Minutolo.
 
Eccellenze che interessano anche il Friuli Venezia Giulia, come quella costituita dalla Plaxtech, l’azienda dell’udinese che ha firmato un accordo commerciale con la Cina per un valore di 50 milioni di euro. La fabbrica friulana ha brevettato un sistema con il quale trasformare le plastiche miste difficilmente riciclabili che fa gola al gigante asiatico. 
 
 
La proporzione di raccolta differenziata nel 2018 in Regione è stata del 66.6%, una media ancora distante dall’eccellenza costituita da alcune regioni limitrofe come il Veneto (73.7% di differenziata) e il Trentino Alto Adige (72.4%), ma che fa registrare un netto incremento rispetto all’anno precedente (65.4%) e che proietta la Regione tra le eccellenze nazionali. 
 
 
In particolare è la provincia di Pordenone a figurare tra le più virtuose d’Italia per quantità di raccolta differenziata, che qui raggiunge quota 81.6%, quindici punti sopra la media regionale. Del resto la città friulana è posizionata nel triangolo più virtuoso d’Italia per la differenziata, che vede il primato di Treviso (87.3%) e il primato di Belluno (83.4%).
 
Un primato basato essenzialmente sull’estensione della raccolta porta a porta: “la produzione procapite di secco residuo annua si avvicina ai 75 kg, valore più basso tra i capoluoghi di provincia in Regione” argomenta il presidente di Legambiente Friuli Sandro Cargnelutti, aggiungendo: “Sicuramente il secco residuo raccolto a domicilio stimola a differenziare le componenti riciclabili. Miglioramenti futuri dovranno riguardare la qualità dei rifiuti conferiti e questo si potrà fare solamente con l'estensione del porta a porta spinto accompagnato dalla tariffa puntuale e da una adeguata informazione e sensibilizzazione dei cittadini”.
 
 
Nella regione Friuli si sono raccolti, in media nel 2018, circa 4kg a testa in più di plastica rispetto alla media nazionale: 26.6 kg per abitante contro una media del 22.66kg. Stime distanti da quelle di regioni come Emilia Romagna (dove la media è stata di 34.6 kg per abitante) o Valle D’Aosta (54 kg), ma in linea con l’andamento del Nord 26.9 kg per abitanti. 
 
 
 
L’impegno per la riduzione della plastica in Friuli è stato rinnovato dall’attuale giunta come obiettivo strategico per il 2020. La campagna, intitolata appositamente: "Se non elimini la plastica, ti mangi l'unico pianeta che hai" dovrebbe mirare a incrementare il sistema della raccolta integrata dei rifiuti, un impegno concordato tra Regione, Arpa e aziende impegnate attivamente nell’economia circolare, ma non le associazioni ambientaliste, come lamenta il Presidente di Legambiente Friuli Sandro Cargnelutti: “ Qualsiasi campagna volta a prevenire la produzione di rifiuti è positiva e si colloca all'interno di un processo di promozione dell'economia circolare e se coinvolge i portatori di interesse, anche se questo tavolo purtroppo non ci sono le associazioni ambientaliste.  Legambiente in Regione ha fatto diverse iniziative sul tema: campionamento e analisi delle microplastiche nelle acque interne, pulizia di spiagge e fondali, iniziative di citizen scienze di monitoraggio delle plastiche spiaggiate e attività di  educazione . Forse avevamo qualcosa di dire in tal senso”
 
A ottobre dello scorso anno nella regione è stato lanciato inoltre il progetto “A mare Fvg”, un accordo pilota che consente a a pescatori, subacquei e diportisti triestini di raccogliere plastica e altri rifiuti in mare e sulle coste e conferirli presso apposite aree dotate di cassonetti preposti, come avviene per i rifiuti urbani.
 
Per Cargnelutti certamente un segnale positivo, che però è solo un punto di partenza:  “Siamo ancora nella fase iniziale. Siamo inoltre  in attesa dell'approvazione definitiva da parte del Senato del Decreto 'Salvamare' affinché i pescatori possano essere diventare soggetti attivi ovvero conferire i rifiuti raccolti con le reti a riva”
 
 
Ma anche nella Regione non tutte le province sono ugualmente virtuose. La più efficiente per la raccolta della plastica è quella di Udine con più di 29 kg di plastica pro-capite recuperati nel 2018 in un testa a testa con quella di Pordenone all’avanguardia anche per la raccolta differenziata tout court. Le due province hanno una percentuale di differenziata di 3 punti percentuali superiore alla media regionale. Il fanalino di coda spetta invece alla provincia di Trieste con appena 18.6 kg di plastica recuperati pro-capite. 
 
Il futuro? Si basa probabilmente su due cardini: lotta agli imballaggi di plastica e sensibilizzazione a tutto campo. “La prima attenzione è ridurre la produzione di imballaggi,  ad esempio attraverso una attenzione i negli acquisti (prodotti sfusi, riutilizzo contenitori,...) o all'uso dell'acqua del sindaco, Gli acquisti on line stanno svuotano i negozi dei centri storici ma riempiendo i cassonetti di imballaggi di carta e plastica” argomenta Cargnelutti che spinge poi sulla formazione: “Proposte concrete? Si può proporre, ad esempio,  mezz'ora di formazione dei condomini può favorire poi un corretto conferimento. Per non parlare del ruolo che possono svolgere le scuole e le associazioni”. Perché anche quella verde, come tutte le rivoluzioni, non può che partire che dal basso.

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