Il fronte dei sindaci si spacca: «Ci opporremo alle Unioni»
UDINE. Sale come una febbre l’insoddisfazione tra i Comuni per la nuova geografia degli enti locali. Anche i sindaci più pacati, di fronte alla bocciatura opposta dalla giunta a molte richieste di spostamento da una delle 18 nuove Unioni territoriali intercomunali a un’altra, hanno perso la pazienza.
Arrivando a considerare l’eventualità di una “deriva” legale, fino ad ora non presa in considerazione, convinti della necessità di riformare il sistema e disposti per questo anche a inghiottire qualche boccone amaro. Tutto rischia di cambiare di fronte al piano approvato dalla giunta Serracchiani mercoledì sera.
Di fronte alle richieste di spostamento avanzate da diversi Comuni e respinte dall’esecutivo al netto di sole 4. Perché? E’ la domanda che ieri è rimbalzata da un municipio all’altro. I sindaci attendono ora di leggere le motivazioni in delibera.
Quanto vi sarà scritto determinerà il prosieguo. Tra chi andrà a rinfoltire le file dei 60 sindaci che già hanno deciso di ricorrere al Tar e quanti invece digeriranno il “no”, pronti a guardare oltre.
Ultima chance
L’assessore regionale alle autonomie locali, Paolo Panontin, non chiude le porte. Lo fa indirettamente, segnalando un’ulteriore “finestra” garantita dalla legge, che prevede «prima della delibera di approvazione definitiva del piano di riordino, un nuovo passaggio dal consiglio delle autonomie».
Al Cal i sindaci potranno mettere sul tavolo nuove osservazioni, richieste, rimostranze. Insomma, un nuovo tentativo di conciliazione, questo davvero l’ultimo, potrà essere tentato.
Alla domanda se sia disposto a riprendere in mano il piano e apportare qualche modifica, Panontin risponde difendendo «l’impianto della delibera, frutto di un lavoro molto accurato, che tiene conto dei dettami della legge a cui eravamo tutti legati», ma concede «non sono abitualmente portato a chiudere le porte in faccia a nessuno, aspetto di conoscere i punti di vista di coloro che non hanno avuto soddisfazione».
Lignano cambi idea
Il Comune turistico è infatti l’unico tra gli enti locali della regione ad aver deciso di restare autonomo. Fuori dall’Uti. «Auspico, alla luce delle modifiche intervenute, che possa rivedere la propria posizione», ha detto ieri Panontin che entro il mese conta di licenziare in via definitiva il piano per poi proseguire il lavoro riformatore su più fronti.
Quanto al ricorso presentato dai 60 Comuni al Tar contro la perimetrazione delle Uti, «abbiamo costruito la difesa e riteniamo di avere le nostre buone ragioni, ma ci rimettiamo com’è giusto alla decisione finale del Tar, proseguendo nel frattempo il percorso riformatore».
Se Panontin guarda già oltre, diversi amministratori locali si sono trovati ieri a fare i conti con l’amarezza di una bocciatura senza spiegazione.
La rabbia dei sindaci
Non ha usato mezzi termini per manifestare la propria scontentezza il primo cittadino di Fiume Veneto, Christian Vaccher, il cui consiglio aveva chiesto alla giunta di spostare il Comune dall’Unione del Sile a quella del Noncello e che si è visto rispondere picche.
«È un’autentica vergogna – è esploso ieri –, incredibile che un Comune non sappia ancora, a due giorni dalla decisione, quali siano le motivazioni per cui alcune richieste sono state accolte e altre no». Non nasconde la delusione Vaccher.
«Ci siamo sempre posti in maniera propositiva, non abbiamo voluto fare ricorso per cercare di costruire un processo positivo e abbiamo fatto la domanda di spostamento sulla base di una legge che ha visto cambiare le regole in corsa, all’ultimo minuto».
«La nostra richiesta rispettava sia il criterio dei confini che della medesima azienda sanitaria, ma Panontin ha voluto potenziare Azzano X e noi ci troviamo con la richiesta bocciata senza sapere il perché. Valuteremo tutti i percorsi, non escludo a questo punto alcuna ipotesi».
In soccorso di Vaccher è venuto il sindaco di Zoppola, Francesca Papais, che incassato il sì al passaggio del suo Comune nell’Uti del Noncello ha chiesto lo stesso “lasciapassare” per Fiume Veneto «in virtù dei progetti di condivisione che i nostri due comuni stanno portando avanti soprattutto per rilanciare l’economia del territorio fortemente compromessa dalla crisi economica».
In attesa delle motivazioni
Allegate alle delibera non sono ancora nella disponibilità dei primi cittadini. In mancanza di un elemento così essenziale diversi amministratori hanno preferito congelare il giudizio. Tra questi il sindaco di Torviscosa, Roberto Fasan. Avrebbe voluto passare all’Unione di Cervignano. Nulla da fare.
«Sono rammaricato, ma aspetto di leggere i motivi della bocciatura sperando che al Cal possa esserci un ravvedimento su determinate posizioni. Spero - ha concluso - che questa decisione non sia definitiva».
«Trovo assurdo - ha affermato dal canto suo il sindaco di Mortegliano, Alberto Comand - che la Regione assuma decisioni di questo peso, che vincolano il territorio per molti anni, senza interloquire prima della scelta con gli organi amministrativi interessati. Ci riserviamo, una volta lette le motivazioni, di valutare il da farsi, comprese eventuali nuove azioni legali».
Per Mortegliano che voleva stare con Udine e che non potrà farlo, Pavia voleva sganciarsi invece dalla cintura metropolitana e passare nell’Uti del Natisone.
«Rispettavamo tutti i requisiti - ha rivendicato sindaco di Pavia di Udine, Emanuela Nonino -, sono quindi molto curiosa di capire in base a quali criteri alcune richieste sono state accettate e altre no».
I pro riforma
Tra questi i vertici del Pd udinese, a partire dal segretario Enrico Leoncini che assieme al vicesindaco Carlo Giacomello e al capogruppo Pierenrico Scalettaris ieri ha ribadito l’appoggio alla progetto Panontin.
«E’ sempre più evidente che i Comuni non sono più in grado di reggere da soli i servizi e le funzioni cui dovrebbero provvedere. Il processo di associazione e gestione collettiva si rende sempre più necessario».
E i contro
Tra gli inossidabili oppositori si conta il presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini: «La Regione ha approvato la suddivisione del territorio in 18 Uti. Diciassette in Friuli e una a Trieste. Significa che il Friuli subirà una trasformazione e rischia il frazionamento con solo Udine a tener alta la bandiera, mentre il capoluogo giuliano resterà intatto. Non c’è solo Trieste in questa regione. Cerchiamo di salvare il corpo e l’anima del Friuli».
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