Il Fvg convince le altre Regioni, linee guida “light” per tutti e uguali da nord a sud: nei ristoranti distanza di un metro

UDINE. Politicamente è un colpaccio, concretamente, per negozi, bar, ristoranti e – più in generale tutti quegli esercizi commerciali che saranno in grado di rialzare le saracinesche da lunedì 18 –, una semplificazione non da poco rispetto alle linee guida, difficili da rispettare per molti, dell’Inail.
LE LINEE DI INDIRIZZO PER LE RIAPERTURE DELLE ATTIVITA' ECONOMICHE, PRODUTTIVE E RICREATIVE
In Conferenza delle Regioni, in sintesi, passa la linea di Massimiliano Fedriga con i presidenti che, per la prima volta almeno da inizio pandemia, si accordano per predisporre protocolli per le singole categorie uguali per tutti – dalla Valle d’Aosta alla Sicilia – in modo tale da non creare confusione con una miriade di provvedimenti diversi tra loro.
Non soltanto, però, perché in serata il documento viene inviato a palazzo Chigi chiedendo che venga fatto proprio dal Governo e inserito nel prossimo Decreto di Giuseppe Conte.
E Palazzo Chigi, alla fine, cede assicurando che le attività economiche e produttive potranno riaprire secondo le linee guida regionali che garantiscono il contenimento del contagio e che soltanto in assenza di queste varranno le disposizioni nazionali.
Giornata lunga
La sintesi viene trovata alla fine di una giornata convulsa e, per certi versi, parecchio tesa. La trattativa tra centro e periferia, infatti, si apre al mattino quando Giuseppe Conte e Francesco Boccia, prima di infilarsi in Consiglio dei ministri, consegnano alle Regioni una prima bozza di lavoro.
Una proposta in due punti, in poche parole, che prevede da una parte un nuovo decreto della presidenza del Consiglio dei ministri per il post 17 maggio, con l’applicazione delle stringenti linee guida dell’Inail.
Parallelamente, dall’altra parte, si pensa poi a un decreto legge attraverso il quale lasciare mandato alle singole Regioni di derogare, pur nel rispetto delle norme quadro di sicurezza, ai protocolli nazionali applicando – ove esistenti – quelli locali.
Nessuna novità di rilievo, visto che ad esempio Emilia-Romagna e Veneto li avevano già pronti e il Friuli Venezia Giulia proponeva di applicare quelli realizzati dalle singole categorie. La novità, però, è figlia di questa situazione perché è nel momento in cui la Conferenza delle Regioni si ritrova per discutere il da farsi che Fedriga propone una soluzione univoca.
«È inutile che ognuno di noi decida le proprie regole – è il succo del discorso del governatore – creando confusione a livello locale su quali norme vadano applicate. Scriviamo dei criteri uguali per tutti, chiediamo al Governo che li faccia suoi e, in caso contrario, andiamo avanti per la nostra strada».
Giro di discussioni, perché non tutti sono immediatamente favorevoli alla soluzione, ma poi la strategia convince. I tecnici si mettono a predisporre le linee tecniche e la patata bollente passa al Governo anche se, vada come vada, le Regioni, specialmente quelle di centrodestra, sanno di aver già vinto, anche politicamente.
Sì, perché al di là della battaglia nata per consentire a quanti più negozi di riaprire i battenti, è chiaro che il braccio di ferro si è giocato anche su questo campo.
Conte, in serata, si è trovato infatti di fronte a dover scegliere tra l’accettare la richiesta delle Regioni – come poi avvenuto – e dire addio nuovamente, dopo l’anticipo al 18 maggio per le riaperture di bar e ristoranti, alla linea dell’estrema fermezza oppure rispedire la proposta al mittente, andare avanti per la propria strada e, di fatto, rendere inutile il suo decreto con Regioni e Province che avrebbero, unitariamente, applicato protocolli diversi da quelli immaginati dal Governo.
Non sarebbe stata una bella figura, dunque, e avendo scelto la prima opzione il Governo può, almeno, salvare le apparenze sostenendo di aver ascoltato, e dato fiducia, alle periferie. Nemmeno male, alla fine, come exit strategy considerato come uno degli antichi adagi della politica dica che quando non puoi vincere, devi almeno provare a non perdere.
LE LINEE GUIDA
Il protocollo messo a punto dalle Regioni è, come accennato, più “leggero” rispetto a quanto suggerito dall’Inail e riguarda otto campi specifici: ristorazione, attività turistiche, strutture ricettive, servizi alla persona, commercio al dettaglio e su aree pubbliche oltre a uffici e servizi per l’infanzia e l’adolescenza.
Per quanto riguarda bar e ristoranti, andando a campione, si legge che i tavoli devono essere disposti in modo che le sedute garantiscano il distanziamento interpersonale di almeno 1 metro di separazione tra i clienti – e non 2 e nemmeno 4 metri quadrati –, a eccezione delle persone che in base alle disposizioni vigenti non siano soggette al distanziamento interpersonale con quest’ultimo aspetto che afferisce alla responsabilità individuale.
Cosa significa? Semplicemente che non servirà mai presentare un’autocertificazione al cameriere oppure al proprietario. E se resta vietata la consumazione a buffet, così come vige l’obbligo di indossare la mascherina ogniqualvolta non si è seduti al tavolo, anche la presenza al banco delle persone impone il distanziamento di un solo metro.
Per quanto riguarda le spiagge, poi, bisognerà assicurare un distanziamento tra gli ombrelloni in modo da garantire una superficie di almeno 10 metri quadrati per ogni spiazzo, indipendentemente dalla modalità di allestimento – per file orizzontali o a rombo – con gli sport individuali che si svolgono abitualmente in spiaggia (come i racchettoni) oppure in acqua (ad esempio nuoto, surf, windsurf, kitesurf) che potranno essere regolarmente praticati, nel rispetto delle misure di distanziamento mentre per i litorali liberi si suggerisce – ma non si obbliga – di dotarsi di un addetto alla sorveglianza che controlli il rispetto delle procedure di sicurezza.
Negli alberghi infine, e sempre a titolo esemplificativo, si obbliga di garantire il rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro in tutte le aree comuni e di favorire la differenziazione dei percorsi all’interno delle strutture, con particolare attenzione alle zone di ingresso e uscita, così come si impone agli ospiti di indossare sempre la mascherina e al personale, invece, ogni volta che si incontra un cliente. —
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