Il Fvg pronto alla fase 2, Fedriga: «Accordi comuni per imprese e lavoratori, ma Roma decida cosa fare»

La Regione studia protocolli di sicurezza per le aziende che potranno ricominciare a produrre «È il Governo che deve scegliere, meglio pensare a piccole aperture a cominciare da martedì»

UDINE. La Regione studia protocolli e accordi comuni per garantire uniformità di sicurezza alle aziende che saranno autorizzate (quando avverrà) a ricominciare a produrre. Un pacchetto di interventi in loco che saranno le imprese stesse a dover garantire – perché Massimiliano Fedriga su questo punto è particolarmente chiaro e non toccherà alla Regione farsi carico dell’acquisto e messa a disposizione dei dispositivi di protezione individuale – a tutela della salute delle persone che, nella visione del governatore, era e resta il bene principale da continuare a salvaguardare.

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IN ATTESA DI ROMA

Fedriga, come il resto della sua giunta, aspetta però notizie da Roma per capire quali attività potranno riaprire i battenti da martedì 14 (poche visto che il Governo è orientato a confermare un’ampia serrata fino al 3 maggio) e quindi regolarsi di conseguenza anche nel confronto con le categorie economiche e i sindacati. «Io sono per una ripresa graduale – spiega il governatore – cioè per una piccola apertura, da martedì, in modo tale da verificare giorno dopo giorno l’andamento dei contagi e l’evolversi della situazione.

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Ma dipende da Roma. Nell’ultimo decreto di Giuseppe Conte c’è scritto espressamente come le Regioni non possano autorizzare nulla di maggiormente permissivo rispetto a quanto deciso dal Governo. Tocca all’esecutivo, quindi, decidere sia in relazione alla tipologia di imprese che verranno autorizzate sia, come si è letto, se magari si riprenderà a lavorare in maniera diversa a seconda del singolo territorio».

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PROTOCOLLI COMUNI

La giunta, comunque vada, continua a confrontarsi con i rappresentanti delle categorie con l’obiettivo di arrivare alla definizione di procedure univoche e valide ovunque. «Il nostro scopo è quello di attivare protocolli comuni per imprese e lavoratori – prosegue Fedriga – in modo tale da coniugare le necessità produttive con la doverosa tutela della salute di manager e dipendenti. Protocolli in cui stabilire quali dispositivi di sicurezza dover avere a disposizione, a quale distanza fare lavorare le persone e, più in generale, tutte quelle pratiche che il Comitato scientifico ritiene fondamentali.

Noi però, lo ribadisco, possiamo pensare a ogni iniziativa di controllo, ma se il Governo non ci comunica quali attività intende autorizzare corriamo il rischio di avere le mani legate. Perché un conto è pensare a procedure per un’impresa siderurgica, un altro, ad esempio, riflettere sulle necessità di bar e ristoranti. Speriamo che questa volta non la decisione non venga comunicata la sera di Pasquetta per il giorno successivo». Non per niente, in questo senso,

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Fedriga ha chiesto a Conte di convocare «con urgenza il tavolo con le Regioni a Statuto speciale e le Province Autonome» per affrontare i riflessi finanziari causati dall’emergenza epidemiologica in corso. «Ma ci hanno rinviato a mercoledì – spiega il governatore –, dopo l’approvazione del nuovo decreto sulle limitazioni e nonostante siano già troppe le domande rimaste inevase dall’esecutivo nazionale».

DECISIONI UNIVOCHE

Questo non vuol dire, in ogni caso, che il governatore sia favorevole a scelte a macchia di leopardo, con regioni autorizzate a ripartire prima e territori, invece, sottoposti a un lockdown più severo a causa di una situazione di contagio più pesante. Come a dire, in altre parole, che la teoria-richiesta della presidente di Confindustria Udine,

Anna Mareschi Danieli, di suddividere l’Italia seconda del tasso di diffusione del virus non convince il presidente. «È chiaro che debba esserci una collaborazione con il Governo – sostiene Fedriga –. Penso che la soluzione ottimale, lo ribadisco, sia quella di individuare una scelta univoca a livello nazionale. Questa, però, deve passare attraverso una condivisione e un ascolto dei territori perchè, in fondo, è proprio grazie alla collaborazione delle Regioni se si è riusciti a mettere in campo misure contenitive con buoni risultati».

Sia come sia, in ogni caso, il presidente “avvisa” le imprese su un concetto e cioè la necessità di reperire per conto loro mascherine, guanti e tutto il necessario per garantire la sicurezza dei lavoratori. «Mi pare scontato – conferma il presidente –. Non ne abbiamo a sufficienza, come Regione, per il nostro sistema sanitario e non vedo come potremmo anche soltanto pensare di muoverci per acquisire, invece, materiale da destinare agli imprenditori».

LINEA COMUNE IN GIUNTA

Un’apertura graduale, dunque, e in massima sicurezza. Fedriga sostiene questa linea che, in poche parole, è quella dell’intera giunta regionale.

«È opportuno intraprendere un percorso di riapertura graduale delle attività produttive – sostiene infatti il vicepresidente e assessore alla Salute Riccardo Riccardi – purché ci sia un calcolo del rischio e un’adeguata rete di protezione e di prevenzione sanitaria, altrimenti il pericolo è quello di disperdere tutto quello realizzato con grandi sacrifici finora, fermo restando che la decisione dipenderà dal Governo nazionale e non dalla Regione».

Riccardi, insomma, vuole evitare quello che è già stato definito come “effetto Hong Kong” per descrivere la situazione dell’ex colonia britannica dove il virus pareva essere stato sconfitto, ma poi, dopo un via libera più o meno generalizzato, è riapparso con forza costringendo le autorità locali a una nuova serie di serrate.

Il vicepresidente ha spiegato la sua filosofia, che è pure quella di Fedriga, al tavolo con le categorie economiche dell’industria e dell’artigianato (Confindustria, Confapi, Confartigianato, Ance), i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, e gli assessori Sergio Bini, Stefano Zannier e Alessia Rosolen. Riccardi, dopo aver sottolineato come il calo dei ricoveri e delle Terapie intensive dimostri «l’efficacia delle misure finora adottate dall’amministrazione», ha spiegato come l’attenzione adesso debba spostarsi sui servizi territoriali, sulla gestione degli isolamenti e sul saper coniugare – appunto – le esigenze dell’economia a quelle della sicurezza sanitaria.

Il vicegovernatore ha ribadito inoltre che la composizione industriale della regione comprende un significativo numero di piccole imprese (più o meno 90 mila), le quali hanno, rispetto alle grandi aziende, minori disponibilità e capacità organizzative di adeguarsi a nuovi parametri di sicurezza.

«Per governare le complessità della situazione – ha concluso Riccardi – l’obiettivo sarà quello di misurare attentamente l’impatto della prima fase di riapertura sull’andamento dei contagi. A tale riguardo dobbiamo considerare e ricordare il fatto che il rischio-contagio non inizia e non finisce sul posto di lavoro, ma riguarda l’intera mobilità della persona, che parte dalla propria abitazione».

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