Il Fvg si schiera: stop a carne Ogm e polli alla varechina
UDINE. «No a prodotti contenenti Ogm, no ai polli varechinati, no alla carne clonata» e nemmeno a quella piena di ormoni. Ma anche «no» al “Parmesan” prodotto in Ungheria, o all’olio di oliva fatto con olive cilene, o al vino prodotto con uve sudamericane... Ma perché questo “no” non rimanga solo una sterile presa di posizione, è necessario che i prodotti, tutti i prodotti e soprattutto quelli made in Italy, i più imitati e “taroccati” al mondo, contengano in etichetta l’origine della materia prima.
È una “vecchia” battaglia di Coldiretti, protagonista della mobilitazione svoltasi a Udine poco più di un mese fa. Vecchia nel senso che va avanti da tempo senza ancora aver raggiunto il risultato più ambito: l’indicazione di origine obbligatoria sulle etichette dei prodotti. A sostegno di questa battaglia si schiera ora la Regione Friuli Venezia Giulia la cui presidente, Debora Serracchiani, ha sottoscritto ieri il Manifesto di Coldiretti.
Per Serracchiani quella in corso è «una battaglia di civiltà» perché i consumatori «hanno il diritto di sapere che cosa comprano. E se scelgono un prodotto cinese, sono liberi di farlo, ma dentro una confezione con la scritta “made in Italy” deve esserci solo e soltanto materia prima italiana».
E questo deve valere per il Montasio come per il formaggio latteria di Prata o di Cividale, per l’uva del Merlot delle Grave come del Sauvignon del Collio, per i pomodori dentro la scatola di pelati, come per le cosce dei maiali trasformate in crudo di San Daniele.
Per arrivare al risultato «devono essere finalmente chiarite una serie di questioni aperte a livello comunitario e bilaterale - ricorda Serracchiani -, a cominciare dallo sfruttamento improprio dei nomi dei più prestigiosi prodotti alimentari italiani». L’Italia «non può rinunciare agli elevati standard di qualità raggiunti nell’agroalimentare, ma al contrario deve puntare a soddisfare la domanda che viene dai mercati per innalzare il livello di sicurezza dei prodotti. La domanda di qualità cresce ovunque - ricorda la presidente - anche in mercati di grandi potenzialità come gli Usa, dove sono sempre stati più apprezzati i prodotti made in Italy legati al territorio, dalla forte natura identitaria e garantiti dal punto di vista della sicurezza alimentare».
Ricorda Coldiretti che «l’insidia alla salute dei consumatori e l’erosione della capacità di competere dei nostri allevatori e dei nostri coltivatori, dipendono da un unico fattore: l’assenza di etichettatura obbligatoria sull’origine delle materie prime. Questo vale in modo particolare per il settore lattiero-caseario, dove i nostri prodotti sono al primo posto per sicurezza e qualità e sono soggetti a controlli e disciplinari rigorosissimi». Se questo patrimonio non verrà difeso «il rischio è che vengano cancellate dal territorio migliaia di stalle e decine di migliaia di posti di lavoro».
Dunque: «consentiamo ai consumatori di scegliere in modo consapevole. Non è protezionismo, ma difesa culturale del valore distintivo dell’agricoltura e della produzione davvero made in Italy».
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