Il Giappone studia Gorizia e i pionieri della bachicoltura

La studiosa Naoko Inoue ha presentato la sua ricerca all’università di Kyoto Ricostruita la visita del 1873 di un tecnico che conobbe, ammirato, Giorgio Bolle
Di Christian Seu

C’era una volta una Gorizia che esportava tecnologia e know-how. Era la Gorizia industrializzata del tardo Ottocento, dei Ritter de Zahony e pure di Giorgio Bolle, illuminato direttore dell’imperialregio Istituto bacologico sperimentale, fondato nel 1869 in via del Ponte Isonzo, oggi via dDn Bosco, ideale progenitore dell’odierna Ersa.

Uno dei problemi che assillava l’industria tessile erano le malattie che colpivano i bachi da seta: e Gorizia, all’epoca, era all’avanguardia a livello tecnologico, tanto da spingere il ministero dell’Ingegneria giapponese a inviare nel capoluogo isontino, allora provincia dell’Impero asburgico, un tecnico, che potesse acquisire le competenze necessarie a migliorare la produttività dell’industria dei cascami di seta nipponica.

Questa vicenda è riemersa ora con forza, portando Gorizia alla ribalta del Congresso internazionale di storia economica che si è svolto nelle scorse settimane a Kyoto. Merito di Naoko Inoue, ricercatrice del dipartimento di Storia economica dell’Università di Tokyo, che ha condotto un approfondito studio sui rapporti tra l’industria dei cascami di seta giapponese e le influenze europee. Una ricerca che l’ha portata - almeno a livello documentale - a Gorizia, dove nel 1873 giunse anche il tecnico ministeriale nipponico Nagaatsu Sasaki, al culmine di un viaggio che lo aveva condotto precedentemente anche in Svizzera, a Padova e, nella nostra regione, a Udine, Palmanova e Cervignano. A Gorizia, però, Sasaki si fermò oltre un mese, per un corso intensivo tenuto dal professor Bolle che, come emerge dai documenti dell’epoca, fu grandemente considerato dall’ospite nipponico, il quale, prima di ripartire desiderò ringraziarlo con un presente.

Un’intera parte della relazione illustrata da Inoue al congresso di Kyoto è stata dedicata proprio all’Istituto bacologico di Gorizia, all’epoca riferimento nel settore anche fuori dall’Impero asburgico. L’Istituto di Gorizia fu costituito dall’imperatore Francesco Giuseppe il 2 gennaio del 1869, in un’epoca nella quale la ricerca si affermava con notevole fervore e in cui il nemico da combattere era la pebrina, malattia del baco da seta che aveva messo a rischio la sopravvivenza dell’industria serica in Europa.

Grazie ai contatti con il Comune di Gorizia e in particolare con l’assessore Guido Pettarin, la ricercatrice giapponese è riuscita a ricostruire le tappe della permanenza di Sasaki nel capoluogo isontino, ricostruendo pure i motivi che hanno accreditato a livello internazionale l’istituto goriziano, poi trasformato in regio Istituto di bachicoltura ed enologia. Inoue sarà probabilmente a Gorizia all’inizio del prossimo anno, per approfondire ulteriormente la propria ricerca e toccare con mano i luoghi che ha descritto minuziosamente nel suo studio: il documento, con tutta probabilità, sarà tradotto anche in italiano e oggetto di ulteriori approfondimenti anche nell’ambito universitario regionale.

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