Il giudice del lavoro dà ragione ai guardiadighe contro Edison
I turni di vigilanza in diga (o di reperibilità speciale) vanno qualificati come orario di lavoro a tutti gli effetti. Lo ha stabilito il giudice di Pordenone Angelo Riccio Cobucci, condannando Edison spa a corrispondere le differenze retributive e a risarcire il danno non patrimoniale a otto guardiadighe per i turni svolti dall’agosto 2015 in poi a Cà Zul, Cà Selva e Ponte Racli. Per il nono dipendente, che ha raggiunto un accordo, è stata dichiarata cessata la materia del contendere.
Il presidio in diga è una prestazione lavorativa a tutti gli effetti? Questa la materia della causa. I lavoratori, assistiti dall’avvocato Flaviano De Tina, hanno chiesto al giudice di accertarlo e di vedersi riconosciute la retribuzione normale e le maggiorazioni dovute per l’orario oltre le 40 ore settimanali. Di diverso avviso Edison spa, che con lo studio legale Trifirò di Milano ha resistito in giudizio.
La reperibilità speciale giornaliera era remunerata con 15 euro lordi per la diga di Ponte Racli, 19 euro lordi a Cà Selva, 23 euro a Cà Zul. Tali dighe, situate in località isolate di montagna, devono essere presidiate, a norma di legge, 24 ore su 24.
Con una prima sentenza, del 12 dicembre 2019, il giudice, aderendo alle pronunce della Corte di giustizia europea e della Cassazione sulla nozione di orario di lavoro, ha dichiarato illegittima la condotta della società nella predisposizione dei turni di reperibilità svolti dall’agosto 2015 e per l’effetto ne ha ordinato la cessazione, ripristinando quelli preesistenti.
Riccio Cobucci ha osservato che il presidio di vigilanza soddisfava tutti e tre i requisiti dell’orario di lavoro: la casa di guardia era adiacente alla diga (presenza sul luogo di lavoro); i guardiadighe non potevano allontanarsi e dovevano essere pronti a intervenire in caso di chiamata sul telefono di servizio (prestatore a disposizione del datore di lavoro); mentre vigilavano, stavano agendo da guardiano della diga (il prestatore è nell’esercizio della propria funzione).
Il giudice ha poi ricordato come non sia stato contestato quanto dedotto dai ricorrenti, ovvero che erano a disposizione in media per 72 ore la settimana e capitava che rimanessero sul posto di lavoro anche fino a 24 o 32 ore consecutive. «Tempo sottratto agli interessi, affetti, relazioni, incombenze della vita familiare dei dipendenti in questione, con inevitabili serie ripercussioni anche sul loro stato di salute», si legge nella sentenza del 2019.
La causa è proseguita per un altro anno, con una perizia contabile per quantificare le differenze retributive maturate a titolo di lavoro straordinario ovvero supplementare dall’agosto 2015 e una perizia medico-legale sullo «stato di salute ed esistenziale» dei guardiadighe.
Il 9 dicembre è stato letto il dispositivo. Come importo capitale, i risarcimenti per danno non patrimoniale che la società dovrà corrispondere ai guardiadighe variano da un minimo di 2.300 euro a un massimo di 7.250 euro mentre le differenze retributive da corrispondere a ciascun lavoratore variano da un minimo di 51.128 euro a un massimo di 87.574 euro.
I legali di Edison hanno prodotto al giudice una recente sentenza della Cassazione (30301, pubblicata il 27 ottobre 2021), nella quale si afferma che laddove la reperibilità speciale non preveda attività lavorativa, salvo interventi in caso di allarme, e consenta comunque al lavoratore di dedicarsi ai suoi interessi e di riposare, tale reperibilità non costituisce orario di lavoro. Sarà il punto di partenza per l’appello.
«Nel merito riteniamo – ha osservato l’avvocato Giorgio Molteni, dello studio legale Trifirò – alla luce dell’ultima sentenza della Cassazione, che il tempo trascorso nei servizi di reperibilità speciale non dia diritto a una retribuzione, ma all’indennità specifica prevista dal contratto collettivo nazionale. La Cassazione ha cambiato orientamento, è presto per dire se si consoliderà oppure no, certamente in una situazione di questo genere l’azienda proporrà appello, una volta lette le motivazioni. Quanto al presunto danno, le cifre riconosciute non sono dovute e sono esagerate, il nostro consulente di parte ha negato che ci fosse un danno biologico come conseguenza diretta e immediata di questo servizio di reperibilità».—
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