Il gotha dell’industria a Buja fa festa con Redento Fabbro

BUJA. Se lo ricorda bene il cavalere Andrea Pittini quel ragazzo giovane e volitivo. «E’ nato capo» dice parlando di Redento Fabbro, suo ex dipendente, oggi alla testa di un’azienda, la bujese Pelfa, con 160 dipendenti e 25 milioni di fatturato. Un “ragazzotto” che ieri ha compiuto 70 anni festeggiando il significativo traguardo assieme alla sua famiglia, ad amici e colleghi.
A Monte di Buja ne sono arrivati in circa 300 per felicitarsi con Fabbro, vero self-made man, rimasto lo stesso nonostante la sua fortunata avventura imprenditoriale. Schivo, uno che non le manda a dire, che di fronte a una penna e un taccuino, d’impulso si ritrae salvo poi, dette a stento le prime parole, trasformarsi in un fiume in piena.
«E’ una bella giornata. Una sorpresa. Se mi guardo intorno vedo tante persone che con me hanno camminato in questi anni», ha detto ieri abbracciando con lo sguardo la folta platea riunita nell’area festeggiamenti del borgo medievale. A partire da Andrea Pittini. Il suo primo e vero mentore.

«Dopo aver trascorso alle dipendenze del cavaliere 16 anni ricordo che andai da lui per dare le dimissioni. L’azienda doveva andare avanti, assumere ingegneri, io non avevo studiato e di farmi carico di ruoli di responsabilità all’interno dell’impresa, che pure mi aveva proposto la direzione, non me la sentivo per via del mio carattere, poco incline alle relazioni sindacali» ricorda Fabbro che fuori dalla Pittini aveva già una piccola officina.
«Il cavaliere mi spronò a tentare. Mi disse: se ti va male, guadagni il doppio di adesso». A distanza di anni, Pittini sottoscrive ancora.
E dell’amico racconta. «Quando entrò nella mia fabbrica avrà avuto si e no 18 anni. Era un ragazzo forte, robusto, attitudine al comando. È venuto da me che non aveva nulla poi ha preso coraggio e si è messo in proprio. Con intelligenza. Non per fare carpenterie semplici, ma pesanti, macchinari di centinaia di quintali. Ci è riuscito grazie alla sua voglia, a una grande determinazione e capacità».
Parole che hanno commosso la folta platea riunita ieri a Monte. Composta da politici, imprenditori e da tanti concittadini perché Fabbro, prima di tutto, si sente un bujese. Un figlio della collina friulana che ieri ha visto sfilare volti noti e meno noti.
Da Pittini a Giovanni Fantoni, da Renzo Tondo a Pietro Fontanini, dallo storico dottore del paese, Ottorino Dolso, al poeta mons. Domenico Zannier e ancora, solo per citarne alcuni, allo scultore majanese Franco Maschio, che ha omaggiato Fabbro di un’imponente opera dedicata al Friuli.
Non è stato l’unico regalo di ieri. Anche i dipendenti hanno voluto fare la loro parte. Posizionando davanti alla struttura festeggiamenti una porta a simboleggiare la prima entrata in fabbrica, l’opportunità a suo tempo data a ognuno. Oggi come detto la sua azienda occupa 160 dipendenti. E fattura 25 milioni.
Il futuro Fabbro si guarda alle spalle. Tornando a quella determinante stretta di mano con Pittini. «Possiamo farcela ad andare avanti solo se iniziamo a fare squadra. A darci coraggio. Ma gli imprenditori da soli possono fare poco se la politica non cambia e se non cambiano – conclude riferendosi a Confindustria – i nostri “sindacati”».
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