Il grido d'allarme di duecento fra bar, ristoranti e negozi: «Fateci lavorare o non apriremo più»

UDINE. Sono tornati nei loro locali, hanno acceso le luci e sono rimasti in silenzio. Qualcuno si è preso una birra, altri hanno bevuto un bicchiere di vino. Tutto in un’atmosfera surreale, nella solitudine del lockdown.
Quasi 150 tra bar e ristoranti, 200 se si considerano anche i negozi. Il cuore pulsante dell’economia cittadina ha lanciato un messaggio chiaro: vuole ripartire, ma chiede un aiuto per farlo in sicurezza e regole chiare.

«La luce vuole essere un simbolo di speranza per una ripartenza rapida – spiega da via Milano Debora Del Dò, dell’Osteria Da Dalia 3.0, che mercoledì 29 aprile, alle 12, sarà a palazzo D’Aronco per incontrare il sindaco Pietro Fontanini e consegnare simbolicamente le chiavi dei locali aderenti alla protesta –. Ne abbiamo sentite tante in queste settimane: a noi interessa riaprire con misure di sicurezza sostenibili e non campate per aria. Chiediamo inoltre che il Comune azzeri le tasse fino a che permarrà la fase di lockdown».

Insieme ai Rizzi, nella serata di martedì 28, molte vie di Udine si sono illuminate: Poscolle, Aquileia, Mercatovecchio, Sarpi ma anche piazza San Giacomo e largo dei Pecile.

«In questi mesi di inattività abbiamo continuato a pagare affitti, bollette e contributi ai dipendenti – sostiene Luca Lombardo del Caffè Al Portello di piazza San Giacomo – ci aspettiamo che Comune, Regione e Stato ci vengano incontro, ma non solo con interventi spot. I 600 euro non bastano: bisogna fare di più. Va trovato il giusto compromesso tra la sicurezza sanitaria e la ripartenza economica».

Bar ma non solo. Anche i negozi sono stati protagonisti della protesta. «Le attività economiche hanno bisogno di lavorare – ammette Gianni Croatto – . Come via Mercatovecchio abbiamo voluto dare un segnale prendendo parte a questa manifestazione silenziosa. Noi, oltre al coronavirus, stiamo subendo anche il disagio per il cantiere. Servono chiarezza e regole facili da attuare, altrimenti anche tra i commercianti c’è chi non alzerà più le serrande».

Anche Stefano Zampa ha acceso le luci della sua trattoria, Ai Vecchi Parrocchiani, in via Aquileia: «Siamo stati dimenticati da questo governo dopo che ci ha messo in ginocchio – sbotta –. È il momento di riaprire: non possiamo aspettare i responsi della task force».

Anche via Poscolle si è fatta sentire: «Dobbiamo mostrarci uniti – chiarisce Massimo Quintavalle dell’Osteria Al Lepre – e avere il sostegno delle istituzioni. Chiediamo la cancellazione delle tasse e la possibilità di usare gli spazi pubblici nella stagione estiva». Marcella Migai gestisce il Glass di via Sarpi: «C’è un unico messaggio da far passare – sostiene – : la voglia di tornare a lavorare, in sicurezza, ma il prima possibile».

Anche in altri centri della provincia si sono tenute manifestazioni analoghe. Tolmezzo era già scesa in piazza lunedì, quando i negozianti hanno attuato una protesta silenziosa.

E martedì, contemporaneamente a Udine, commercianti ed esercenti si sono mobilitati anche altrove, come a Cividale, Gemona e Lignano (anche in spiaggia), mentre Tarvisio ha programmato una protesta stamattina con la consegna delle chiavi della città al sindaco Renzo Zanette. —
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