Il gruppo alpini di Erto è l’ultimo baluardo della Provincia di Udine
ERTO E CASSO. C’è un’isola (... anche se sarebbe meglio chiamarla cima) all’estremo nord-ovest del Friuli, a ridosso del Veneto, che non ne ha mai voluto sapere di lasciare Udine.
Un’isola-cima che, nonostante voti combattuti e ripetuti nel tempo, si è fatta un baffo dell’autonomia conquistata – dopo tante battaglie politiche – con l’istituzione della Provincia.
Quell’isola-cima è il gruppo alpini di Erto che tuttora appartiene alla sezione di Udine, pur essendo geograficamente collocato all’opposto del capoluogo friulano, a due passi da Longarone.
E, curiosità nella curiosità, le penne nere di Casso sono confluite nel neonato, dopo il noto disastro, gruppo di Vajont, sezione di Pordenone, rifiutando di seguire i “concittadini”. Che, ancor oggi, non hanno la minima idea di fare marcia indietro, o avanti, a seconda di come la si vuol vedere.
Sorride, il capogruppo Ana (dal 1970) di Erto, Bortolo Filippin, 73 anni, artigliere da montagna a Udine e Gemona («nella nuova caserma poi crollata con il terremoto»), in partenza con i suoi otto iscritti per l’adunata nazionale di Treviso.
«È una eredità del passato. Noi e quelli prima di noi erano e siamo legati a Udine. Qualcuno voleva passare con la sezione di Pordenone: la proposta è stata messa ai voti e non è passata». Dicono che alcuni “dissidenti”, ovvero i pro-Pordenone, se ne siano andati, che per protesta non abbiano rinnovato il bollino.
«Come in tutte le belle famiglie si può essere d’accordo o no, ma una volta che si è deciso in maniera democratica, stop», taglia corto Bortolo Filippin, che negli anni Settanta era pure vicesindaco di Erto e Casso e da 50 organizza e partecipa alla famosa Via Crucis nel ruolo di Ponzio Pilato.
Il gruppo di Erto e Casso si era costituito nel 1958, settantesimo della sezione di Udine. Allora la Provincia di Pordenone non esisteva. Gagliardetto benedetto il 2 marzo, primo capogruppo Giovanni Corona. Nel 1966 «è ancora capogruppo Attilio Corona, 101 i soci».
Nell’assemblea del 31 gennaio 1970 il gruppo chiede di passare a Pordenone: la sezione di Udine approva, ma ad andarci saranno, l’anno dopo, solo i soci di Casso. Quelli di Erto non ne vollero sapere. «Con Udine siamo nati, con Udine moriremo», dissero. E quel “giuramento” si perpetua.
«Siamo pochi, ma quei pochi andiamo col nostro gagliardetto alle manifestazioni. Potremmo essere una quarantina... Pensi: non abbiamo mai avuto un tesserato cassanese». Che gli altri non si iscrivano perché «siamo con Udine, secondo me è una scusa. Se tutti si iscrivessero e votassero per passare con Pordenone forse vincerebbero».
La distanza? Mah, è una questione relativa. Pordenone, 60 chilometri, Udine 90. Nei grandi numeri è una questione che si perde.
L’ultimo reduce di guerra, Giovanni Filippin Milao, è morto un paio di anni fa. Il gruppo lo ricorda, con tutti gli altri caduti, il 4 novembre, davanti al monumento: unica uscita ufficiale, al di là delle adunate, dei nostri nove ertani. «E la corona di alloro che portiamo credo che la possano invidiare tanti altri.
Non abbiamo nemmeno una sede, ma non ci serve. Quando dobbiamo incontrarci possiamo utilizzare le stanze del Comune vecchio».
Erto, sezione di Pordenone? Improbabile. «Ormai, cosa vuole, andiamo a esaurimento della nostra generazione. Il più giovane, Osvaldo Corona, è cinquantenne. Alla fine resteremo con Udine, nessuno ha più chiesto di passare con Pordenone.
E poi, scusi, anche Tarvisio è con Udine, pur avendo le sezioni di Gemona e Carnica ben più vicine. Vuole che noi non possiamo?»
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