Il lungo divorzio dal Friuli del Consorzio Latterie

Da oggi è in mano a Parmalat dopo la trattativa sfumata con Granarolo. La cooperazione a un bivio

CAMPOFORMIDO. L’era Parmalat alle Latterie friulane di Campoformido inizia oggi. Da stamattina a guidare lo storico stabilimento di trasformazione lattiero-casearia, uno dei simboli del Friuli, non è più l’omonimo consorzio cooperativo, ma la spa del gruppo francese Lactalis i cui tecnici, che a Campoformido sono ormai di casa, prenderanno in mano le redini dello stabilimento “guidando”, in questa fase, poche decine di persone. L’obiettivo ora è riprendere la produzione, in tutti i reparti, per valutarne criticità, economicità, potenzialità e arrivare infine a redigere il piano industriale che deciderà il futuro di Latterie friulane e quello dei suoi lavoratori. Il nodo esuberi è al momento congelato, in attesa che Parmalat sveli le carte, che spieghi cosa vuole fare in concreto a Campoformido. Mantenere tutte le produzioni, ridurne alcune, investire? Si vedrà. Intanto si riparte.

Ma come si è arrivati fin qui? Il nastro va riavvolto fino alla primavera del 2013. L’addio di Cometa. Fino al forfait della Cooperativa medio Tagliamento che, da maggior socio di Latterie, a maggio 2013, smette di conferire il proprio latte. Troppo basso il prezzo pagato ai soci: 35 centesimi appena. Insufficienti a garantire la sopravvivenza degli allevatori che in fuga da Latterie riparano ad Aprolaca mettendo in tasca oltre 5 centesimi in più al litro. Latterie si deve rimboccare le maniche. Inizia a cercare alleati. A fare scouting sul territorio. Per un periodo le viene in soccorso Cospalat, ma non basta. I soci sono scontenti. Rischiano di chiudere il bilancio con una nota di debito e non ci stanno più. Così, l’ex presidente Roberto Rossi sfodera il piano B, che porta dritto-dritto a Bologna. Il patto con Calzolari. In casa Granarolo. Meglio, Granlatte. La cooperativa con cui Latterie Friulane avrebbe dovuto fondersi. In Friuli – siamo all’inizio del 2014 – arrivano i tecnici del colosso lattiero-caseario emiliano. Passano in rassegna i bilanci, setacciano lo stabilimento produttivo, mettono a punto un canovaccio di piano industriale. Latterie friulane può entrare in Granlatte ma ad un caro prezzo. Leggi: 102 esuberi su 180 dipendenti.

La soluzione piace agli allevatori mentre tra le maestranze è rivolta, condotta dal sindacato – con Cgil rimasta in ultimo da sola - a colpi di presidi e scioperi. Giuseppe Bassi, 54enne da anni occupato alle Latterie si toglie la vita. Una folla lo saluta, per l’ultima volta, il 31 dicembre nella chiesa di Godia. E’ la pagina più nera di questa vertenza cui il Friuli assiste attonito. Esplode il caso aflatossine. Con qualche sconto sugli esuberi e la promessa di riattivare una piccola produzione di yogurt dopo aver “condannato” definitivamente mozzarella e ricotta, Granarolo si prepara al matrimonio, appoggiato anche dalla Regione. Lo manda a monte un nuovo caso aflatossine. Il secondo nel giro di poco in Fvg: dopo Cospalat tocca proprio a Latterie friulane. Il colpo è durissimo. Le vendite della cooperativa crollano, nuovi lavoratori vengono messi in cassa integrazione. Rossi lascia il posto a un nuovo presidente: la commercialista Michela Del Piero, chiamata a salvare Latterie quando la situazione appare ormai disperata. In pochi giorni si segnano perdite per 3,8 milioni di euro. Granarolo non può permettersi un danno d’immagine e decide si sfilarsi definitivamente. Così, ogni strategia va ricostruita, rimbastita d’accapo. Del Piero non si fa spaventare, accetta la sfida e nel giro di sei mesi arriva alla soluzione. Da coop a spa: arriva Parmalat. Come già Granarolo, il primo atto dell’era Parmalat si consuma in un attento studio della situazione. Non solo relativa agli impianti, ma soprattutto allo stato economico-finanziario della cooperativa e si conclude positivamente. Anche più del previsto. Se inizialmente la previsione era infatti quella di un passaggio in affitto, Parmalat decide a sorpresa di acquistare da subito strutture e produzioni della cooperativa e di pagare i conferitori secondo il prezzo dato alle stalle della Lombardia che storicamente è il migliore d’Italia. Ora si attende di conoscere i dettagli del piano industriale per capire quali saranno gli impatti sull’occupazione che tuttavia, a oggi, è già transitata in toto – 156 persone in – a Parmalat.

Tutto bene quel che finisce bene? Non proprio. La struttura produttiva è salva, certo, ma con quest’operazione un pezzo di Friuli, della sua storia produttiva, della sua identità vengono meno. Il consorzio cooperativo Latterie friulane sulla carta resta in vita, ma di fatto è svuotato. Servirà solo a far da collettore per il latte dei soci da rivendere poi a Parmalat. Dopo Coopca e le Coop operaie è un nuovo pezzetto del sistema cooperativistico regionale che si sgretola evidenziando una crisi che forse è tempo di prendere in seria considerazione. (m.d.c.)

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