Il megayacht dell’oligarca russo va spostato dal porto di Trieste: il Demanio pensa di usare la bandiera mongola

Diego D’amelio

TRIESTE. Non ha nemmeno un centimetro di terra bagnato dal mare, ma potrebbe essere la Mongolia a offrire la bandiera da issare sul Sailing Yacht A di Andrey Melnichenko, permettendo di assicurare e spostare dal bacino di Fincantieri la nave a vela sequestrata all’oligarca dopo le sanzioni Ue.

Agenzia del Demanio e Capitaneria di porto si stanno confrontando per trovare il modo di immatricolare nuovamente lo scafo, che si trova a secco e con le assicurazioni decadute, dopo il congelamento. Per rimettere il veliero in mare, il Demanio sta valutando di richiedere l’insegna mongola, ma l’opzione imbarazza perché si tratta di una delle cosiddette bandiere ombra usate per la registrazione di navi.

Da settimane le autorità italiane sono alle prese con il dilemma di restituire bandiera e assicurazioni alla nave del magnate, su cui fino al congelamento sventolava il vessillo delle Bermuda. Si tratta di una delle molte bandiere di comodo, come vengono chiamate.

Le navi vengono immatricolate in Paesi che danno agli armatori vantaggi fiscali e garanzia di minori controlli. Giù le Bermuda, su la Mongolia, hanno pensato al Demanio, considerando che dalle parti di Ulan Bator, 1.350 metri sul livello del mare e 1.300 chilometri di distanza dalla costa, le pratiche per il rilascio della bandiera si fanno senza troppe storie, da quando il registro navale è stato istituito nel 2003, venendo gestito non dalle istituzioni mongole ma dalla società Sovereign Ventures, con sede a Singapore.

L’escamotage è l’emblema della contraddizione in cui si trova lo Stato italiano, che deve servirsi delle scappatoie del diritto ordinario per gestire una misura assunta come ritorsione straordinaria davanti all’atto di guerra della Russia.

Al mondo ci sono una trentina di Stati che offrono bandiere di comodo, dalla Liberia a Malta, passando per Bahamas, Comore e Cayman. Insegne che permettono a proprietari di altri Paesi di pagare meno tasse e registrare navi malconce, offrendo in cambio danaro.

Tutto regolare, tanto che Liberia, Isole Marshall e Panama danno la bandiera al 40% delle navi mercantili circolanti. Ma spesso il sotterfugio significa minore sicurezza dell’imbarcazione, scarsa attenzione alle emissioni, elusione fiscale e pessime condizioni di lavoro per gli equipaggi.

Per il Sy A la scelta mongola sarebbe dettata dalla rapidità dei tempi di registrazione. E serve appunto fare in fretta, perché Fincantieri reclama il bacino San Marco per evitare di dover pagare le salatissime penali in caso di ritardo delle consegne. Una nave da crociera in costruzione a Marghera avrebbe già dovuto essere da qualche giorno a Trieste per continuare le lavorazioni.

Demanio e Capitaneria lavorano in parallelo anche a una seconda opzione: fare leva sul fatto che la nave si trovi in fase di manutenzione e trattarla come scafo in costruzione, assegnandole una sorta di targa di prova, che permetta lo spostamento a un ormeggio vicino, individuato con ogni probabilità alla radice del Molo VII.

Il blocco dei beni russi in Italia è un rompicampo. Il Demanio deve ora amministrare ville e yacht, per restituirli in perfette condizioni ai proprietari. Sempre che le sanzioni siano prima o poi ritirate.

I legali di Melnichenko stanno valutando intanto il ricorso al Tar per riprendere possesso del trialbero da 143 metri, valore 530 milioni di euro più gli interni, il cui mantenimento si aggirano attorno al milione al mese. Per ora a spese dell’Italia.

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