Il mistero di Rosazzo, la denuncia: "Tra “Magazzino” e fosse comuni ho ricevuto 53 minacce di morte"

Ancora polemiche sul caso delle sepolture nell’area del Manzanese durante la seconda guerra mondiale. Parla lo storico Ivan Buttignon, uno dei ricercatori che ha portato alla luce il documento della Farnesina. «Da due anni sono perseguitato. Sul tema degli esuli e delle foibe bisognerebbe cercare insieme la verità»
Prepotto 2 Marzo 2016. Marco Lesizza sui resti della stalla ormai coperta dai rovi dove, secondo i racconti del padre, avvenivamo le esecuzioni da parte dei partigiani alla fine della seconda guerra mondiale. Foto Petrussi
Prepotto 2 Marzo 2016. Marco Lesizza sui resti della stalla ormai coperta dai rovi dove, secondo i racconti del padre, avvenivamo le esecuzioni da parte dei partigiani alla fine della seconda guerra mondiale. Foto Petrussi

UDINE. «Tutta questa storia mi ha sfiancato. Io avevo sostenuto dall’inizio la politica conciliativa con l’Anpi. Sul tema degli esuli e delle foibe bisognerebbe cercare insieme la verità. Invece si è arrivati a un muro contro muro in cui tutti stanno perdendo».

Urizio (Lega nazionale) scarica il ricercatore: non collaborerà più con noi

Inizia così a parlare Ivan Buttignon, il ricercatore storico che, insieme a Luca Urizio, presidente della Lega Nazionale, aveva portato alla luce il documento della Farnesina sulla presunta fossa comune di Rosazzo.

A quasi due mesi di distanza dalla presentazione dell’incartamento, molte cose sono cambiate. Buttignon si è prima dimesso dal sodalizio isontino e recentemente anche dall’Anpi di Romans.

Insomma, quell’informativa si è trasformata in un boomerang pericoloso, «anche se – precisa il diretto interessato – un pò ci sono abituato.

Da quando due anni fa ho presentato insieme a Cristicchi a Udine “Magazzino 18” ho ricevuto 53 minacce di morte e anche sulla questione della fossa ho subito una serie di intimidazioni. Hanno lanciato uova e graffiato la mia auto, parcheggiata fuori casa. Poi hanno suonato alla porta della mia abitazione in piena notte. In ogni caso non ho paura di rappresaglie».

La definiscono una persona “ambigua” perchè spesso ha mantenuto il piede in due staffe. È stato nel direttivo della Lega nazionale e presidente delle sezione locale di Romans dell’Anpi. Inoltre ha partecipato ad alcuni convegni di ultradestra.

«Chiarisco subito una cosa. Ho un cuore di centro sinistra e un alto sentimento per la Patria. Si può essere patrioti di sinistra. Non credo di essere l’unico caso e non ci trovo nulla di male. Sono stato iscritto tra le fila di Rifondazione Comunista; sono stato dirigente dal 2001 della Cgil; e ora sono iscritto al Partito Democratico. Mi definisco un’antifascista e considero la Lega nazionale un gruppo trasversale. È vero, poi, che ho partecipato a due convegni di gruppi di ultradestra.

Ma ho portato la mie tesi contrapposte ad altre. Anche in questo caso non ci trovo nulla di male. Sono sempre disposto al confronto se può portare alla verità. Non è vero, quindi, che agisco per opportunità. Non lo faccio per fare carriera politica. E ai miei detrattori dico, che se tra qualche anno, mi ritroveranno presidente di qualche ente, avranno tutte le ragioni per dire che sono un traditore. Ma non sarà così. Io sono semplicemente uno storico. Svolgo questa professione da 16 anni. Dallo scorso anno lavoro nell’archivio storico della provincia di Gorizia e insegno all’Università di Gorizia nel corso di laurea di scienze internazionali diplomatiche ».

Quali risultati ha portato la ricerca negli Archivi di Stato e alla Farnesina dove avete trovato il discusso documento della fossa comune?

«Innanzitutto posso affermare che sono contento di aver fatto parte della spedizione fatta a ottobre. Un pò meno, invece, per i risultati. Perchè tutta questa vicenda rischia di trasformarsi in una battaglia solamente con sconfitti. Eppure sono convinto che se si ricercasse insieme all’Anpi la verità sarebbe un trionfo anche per la storia. E proprio su questo punto io e Urizio abbiamo cominciato a scontrarsi. Da lì sono partite le mie dimissioni e i vari litigi a distanza che sono seguiti. Io non avrei mai portato a conoscenza quel documento. Invece c’è stata una fuga in avanti. Urizio dice di avermi informato che avrebbe rivelato alla stampa il documento. Io non mi ricordo assolutamente che me l’abbia detto. Da lì sono nate una serie di incomprensioni».

Perchè avrebbe tenuto “nascosto” ancora negli archivi quell’incartamento?

«Perchè bisognava verificare la sua veridicità. Occorreva confrontarlo con altre carte, fare gli approfondimenti. Dubbi ce ne sono. E sono tanti. Premetto che io e Urizio abbiamo lavorato per compartimenti stagni. Lui su alcuni faldoni e io su altri. Eravamo lì per trovare la lista dei deportati goriziani. È stato lui poi a trovare la carta e io da ricercatore storico l’avevo messo sull’attenti dandogli qualche dritta. Bisognava infatti inserire quell’informativa nel giusto contesto storico e nell’ambito propagandistico dell’epoca. Si parla di una fossa tra i 200 e gli 800 cadaveri.

È una forbice troppo grande. Si parla di sepolture a bassa profondità. Possibile che qualche evento alluvionale e i lavori dei contadini non le abbiano riportate alla luce? Gli informatori inoltre sono generici. Si parla genericamente della popolazione di Oleis. Ho alcune perplessità a riguardo ma non ho la verità in tasca. Come diceva Socrate: «So di non sapere». La storia insegna che bisogna abituarsi alle docce fredde. Quando si pensa di sapere si viene subito smentiti».

Invece quel documento è venuto alla luce. E invece di ricercare la verità si è creato un muro contro muro

«Sì, una volta uscito a mia insaputo il documento, ho sostenuto la politica conciliativa. Bisognava tendere la mano all’Anpi e lavorare insieme per la verità. Invece, dopo un paio di giorni, la strategia da parte di Urizio è cambiata. Sono iniziati gli attacchi ai partigiani. Più che arrivare a un risultato concreto si è cercato di colpevolizzare solo una parte. Mi sono trovato impreparato davanti a questo cambio di strategia. E non ho saputo reagire nella maniera giusta».

- Lei poi si è ritrovato a subire intimidazioni

«A dir la verità ci sono un pò abituato. Negli ultimi due anni da quando ho presentato per una libreria “Magazzino 18” con Cristicchi ho ricevuto 53 minacce di morte. Mi hanno dato del revisionista e del fascista e mi hanno fatto recapitare dei biglietti dove c’era scritto che avevo i giorni contati. Ho sporto querela. Tutto è al vaglio degli inquirenti. E anche con la questione delle fosse ho subìto altri atti intimidatori».

- Come pensa che finirà tutta questa vicenda?

«Se venissero ritrovati dei resti umani nella zona e si riuscisse a scoprire anche il dato anagrafico ricollocandoli all’epoca dei fatti di cui tanto si sta parlando sarebbe un trionfo per la storia. Potremmo aprire nuovi capitoli. D’altronde anfratti in quel territorio esistevano in quel periodo. Invece ciò che assistiamo è una lotta, un tutti contro tutti che rischia di non portare da nessuna parte. Ciò che chiedo è serenità. Bisogna sedersi intorno a un tavolo e collaborare se si vuole arrivare alla verità».

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