Il Mittelfest riscopre la buona idea di Europa

Presentato il cartellone del festival che sarà inaugurato venerdì 12 dal ministro della cultura Massimo Bray

Il glamour politico del Mittelfest primi Novanta sapeva di barriere abbattute, di muri crollati e di libertà culturale, per decenni soffocata da sistemi claustrofobici che imponevano il no flusso, l’aria viziata da dittature cieche e da propagande nazionalistiche obbligate. Cividale impose la distensione, gli abbracci dei capi di Stato e un’arte in movimento.

La Mitteleuropa acquistò agilità teatrale, musicale, poetica, di gesti e di parole. Cominciammo così a guardare oltre il palcoscenico italiano, magari non capivamo tutto, ma - si sa - la prosa è universale, compensa la non conoscenza di lingue e dialetti con l’immaginazione e la mimica; alla fine te ne vai sempre con qualcosa in tasca, raramente a mani vuote. Ventidue anni dopo ci ritroviamo a passeggiare per un’Europa debilitata, con denari contati e seduti su una specie di polveriera: non sai quando e come salterà in aria. O forse no, però il rischio ti rode il fegato.

Certo, di sbarre ce ne sono poche, vai ovunque senza sentirti sguardi torvi addosso, comunichi, superi confini, siamo cittadini del mondo, come si dice, no? Il senso di allora, però, andava riconquistato in qualche modo, a monito di una rivoluzione che funzionò, vuoi mai che la storia si ripeta, come ha il vizio di fare spesso. Sarà un’inaugurazione - quella di venerdì pomeriggio - con una abile mescolanza di rappresentanze istituzionali e di artisti in divenire, tanto pieno e formato da autentiche unicità è il cartellone di quest’anno.

Il ministro alla cultura Massimo Bray ha fatto sapere che ci sarà (abile la trattativa del presidente Serracchiani) e già l’interesse dimostra quanto il Mittelfest non sia uno dei tanti festival spinti nel profondo Nord-Est con finalità nulle. Non sarà solo, il rappresentante del governo Letta, avrà al fianco il presidente della Repubblica Slovena Borut Pahor e una polposa squadra di ambasciatori: quello di Croazia in Italia Damir Grubiša, lo sloveno a Roma Iztok Mirosic, gli italiani a Zagabria e a Lubiana Emanuela D’Alessandro e Rossella Franchini, nonché il direttore del settore cultura del Ministero degli Affari esteri in Ungheria Andrea Komàromy, il console generale di Ungheria a Milano Istvàn Manno e il direttore generale per la valorizzazione del Mibac, Anna Maria Buzzi, oltre al governatore Serracchiani e all’assessore alla cultura Torrenti.

La missione.

«È forse già conclusa, la nostra?», si chiede il presidente del Mittelfest Lorenzo Pelizzo. Fa bene a sollevare dubbi, un parlare a voce alta sa di comunicazione condivisa e non il solito viaggio in solitaria con i tappi nelle orecchie. Nonostante le esigenze siano fortunatamente diverse da un ventennio fa, Pelizzo risponde «non è affatto conclusa, anzi, c’è ancora molto da raccontare». Tra le guerre di religione e le guerre di conquista territoriale, quelle culturali nessuno le ha ancora accese.

L’obiettivo

Concentriamoci sul 2013. E su quello che il momento concede. Ci pare superfluo ripetere la solfa dei tagli, ne hanno le piume piene pure i colombi dei cornicioni. Va be’, un accenno soltanto. Un venti per cento in meno, ecco. Eppure il direttore Antonio Devetag, come ogni generale con acume, ha saputo assemblare - nonostante le preoccupazioni comuni di chi costruisce eventi - un tabellone di rara pienezza e qualità. Forse il più ricco. E su quattro direttrici Devetag si è incamminato senza esitare. «Valorizzare le risorse artistico-culturali della regione, in primis, creare una rete sinergica fra enti friulgiuliani, rinnovare e rinforzare la funzione di Mittelfest quale ponte culturale con l’Europa Centro orientale e ricreare un senso di appartenenza internazionale comune».

Microcosmi

Un’opera che permea simbolicamente il festival 22. Un evento corale in lento pellegrinaggio per le strade di Cividale, risucchiato dalle pagine di uno dei caposaldi della letteratura di Claudio Magris dal maestro Giorgio Pressburger, non a caso proprio da chi guidò la nascita e la crescita di Mittelfest. È un ideale proseguimento del viaggio iniziato con Danubio. Là il macrocosmo dell’Europa, qui un percorso che conduce «al centro di noi stessi - spiega il drammaturgo e regista - luoghi minimi, appartati, i tavolini del caffè San Marco di Trieste, gli isolotti della Laguna gradese, i piccoli porti sulle coste della Dalmazia e del Quarnero. La messinscena prevede più palchi, nove come i capitoli del libro, una voce guida, quella dell’autore che avrà i contorni di Giorgio Lupano, attore di griffe, volto tv, ma con un’antica propensione alla prosa, sebbene sia un giovanotto del’69, e duecento personaggi - fra cui gli altrettanto popolari Antonio Salines e Ariella Reggio - che formeranno l’emozionante carovana notturna sulla via della memoria.

Michelangelo

La Croazia in Europa rientra nel progetto mittelfestiano. E l’occasione per edificare nuovi ponti culturali si è manifestata appena è stata ufficializzata la data del primo luglio. Giocando d’anticipo e confidando nei tempi morbidi, il patto fra il festival cividalese e il Teatro nazionale di Zagabria ha concepito l’operazione Michelangelo, un kolossal diretto da Tomaz Pandur, che ha forgiato per la scena la scrittura di Miroslav Krleza, il più affermato drammaturgo croato del Novecento. Si ritrae il genio rinascimentale impegnato a realizzare gli affreschi della Cappella Sistina, mostrando il dramma dell’artista in un turbinio di visioni oniriche.

Inquieti Miti

Aggressioni light al contemporaneo, individuando le inquietudini moderne di personaggi a cavallo fra i secoli, riunendo antichi miti e storia a tiro di sguardo. Non è abitudine andare a teatro consapevoli di trovare Lina Wertmüller in cima a un palco, semmai lei è donna da set di posa con l’occhio posato sull’obiettivo della cinepresa e non certo da proscenio. Eppure con Un’allegra fin de siècle la signora dai bianchi occhiali e col sorriso penetrante, si è messa alla testa di un viaggio organizzato che attraversa la storia italiana del secolo appena archiviato, con l’amarezza e l’ironia tipiche del suo stile anticonvenzionale. Un festoso e acido tour in forma di recital in cui si alternano le figurine dei grandi maledetti, da Hitler a Pol Pot fino a scomodare l’appena sepolto Bin Laden. Non una signora, bensì due, offrirà il convento alla faccia della crisi. Adriana Asti squaderna con Cocteau il mal de vivre con due celeberrimi monologhi, La voce umana e Il bell’indifferente. L’abbandono e l’esasperazione di due donne rimaste sole si ricompatta sulle ruvide tavole sostenute dal talento della Asti, ancor oggi ineguagliato.

Il cinema

Ricordiamo, e qualcuno con noi, il Delitti e segreti (Kafka) di Steven Andrew Soderbergh una notte di luglio del 1991 in piazza Paolo Diacono. L’anno scorso, sì, la decima musa ha rimesso lo sguardo lungo in pista facendosi avvolgere dal castello Canussio, luogo fin troppo strategico per issare un telo bianco. Con Ritorno al futuro lo spettatore si staccherà dal live di musica, prosa e danza, per rinfrescare nel maniero cividalese filmografie vetuste con la doppia visione di Metropolis, il fantascientifico di Fritz Lang del ’29, e il capolavoro di Chaplin, Tempi Moderni, 1936, col quale il grande Charlie si buttò a pesce sul sociale.

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