Il mondo dell'orzotto, mille modi per cucinarlo: le ricette tradizionali

La materia prima (l'orzo perlato) ha una storia millenaria. Pur non essendo legato alla storia della cucina friulana è entrato a pieno titolo nelle nostre cucine
Foto Unione cuochi Fvg
Foto Unione cuochi Fvg

Parliamo di orzotto e lo facciamo in chiave friulana, anche se l’origine di questo piatto non è propriamente legata alla storia culinaria di casa nostra, l’orzotto è comunque un piatto molto presente nella cucina di questa regione. Lo troviamo (visti gli ingredienti) principalmente negli agriturismi che ci presentano il piatto cucinato cucinato con l’orzo perlato al posto del riso e le erbe spontanee di stagione, primo tra tutte lo sclopit.

Anche in questa ricetta (come abbiamo visto in diverse precedenti, le varianti sono diverse, ma in questa occasione vi voglio raccontare la ricetta che più si avvicina alle origini del piatto, andando anche a raccontare le sue origini.

L'orzo

L’orzo perlato (che è l'ingrediente principale del nostro piatto) appartiene alla famiglia dei cereali ed è originario del continente asiatico. Tra le varie tipologie di orzo, si distingue per essere privo di crusca e glumelle.

Quindi risulta senza rivestimento esterno e per tanto si presenta di colore tendente al bianco. Questo è l’esito di un lungo processo di raffinazione che agevola poi la preparazione in cucina.

Difatti richiede meno tempi di ammollo e di cottura. Tuttavia questo stesso processo va a comportare una perdita di molte sostanze nutritive, come le fibre.

L’orzo perlato però resta un valido alleato della nostra salute, grazie alla sua composizione nutrizionale.

Cosa contiene l’orzo perlato? Quali sono i suoi nutrienti principali? Comimnciamo col dire che solo 100 gr di orzo perlato apportano circa 320 calorie, di cui la maggioranza è data dai carboidrati. Questo cereale è ricco di sali minerali soprattutto il fosforo.

Troviamo poi ferro, calcio, potassio, magnesio, zinco e silicio. Tra gli aminoacidi troviamo invece la niacina, la tiamina, la riboflavina. 

La ricetta e la procedura

Ho già detto della materia prima principale, l'orzo perlato. La tradizione vuole così.

L’orzotto si può preparare  seguendo due diversi metodi: lessarlo in acqua salata per circa 30 minuti, scolarlo quindi condirlo a piacere, oppure tostarlo in poco olio quindi trattarlo esattamente come il riso per risotti, cuocendolo insieme agli ingredienti e al brodo.

Nel primo caso il risultato sarà molto simile ad un’insalata di riso con gli ingredienti poco amalgamati ed è ideale mangiato freddo con aggiunta di ottimo olio extra vergine di oliva a crudo.

Nel secondo caso avremo invece un vero e proprio risotto a base di orzo cremoso e con tutti gli ingredienti ben amalgamati. 

Gli ingredienti

Vediamo ora  qualche abbinamento che funziona sempre, per un ottimo orzotto davvero sfizioso:

  • Con cereali e legumi
  • Con funghi
  • Con zucchine, peperoni e melanzane aggiungendo del pomodoro fresco
  • Solo con parmigiano, olio extra vergine di oliva e pepe
  • In insalata con feta e verdure fresche; in insalata con tonno, capperi, olive.  

Per due persone

  • 200 grammi di orzo perlato
  • 50 grammi di ceci
  • 50 grammi di lenticchie verdi
  • Un litro di brodo vegetale
  • Olio extra vergine di oliva
  • Sale
  • Peperoncino
  • Cipolla

Il procedimento

Mettere in ammollo l’orzo decorticato, i ceci e le lenticchie verdi per almeno 12 ore.

Preparare un brodo vegetale quindi, trascorse le 12 ore, scolare cereali e legumi e trasferirli dentro una ciotola.

Preparare un soffritto con cipolla e peperoncino quindi, una volta pronto, versare il mix cereali-orzo e lasciar tostare velocemente.

Preparare l’orzotto come fosse un risotto quindi cuocerlo aggiungendo brodo vegetale man mano che inizia a ritirarsi, sempre mescolando in senso antiorario.

A cottura ultimata, quando cioè l’orzo e tutti gli altri legumi sono diventati morbidi ma sono ancora interi, aggiungere poco olio extravergine di oliva e servire l’orzotto da solo o con del parmigiano grattugiato.

Appunti di storia

La più antica forma vegetale piantata dall’uomo risale a circa diecimila anni fa, e sembrerebbe sia stata l’orzo, perché poteva crescere a quasi tutte le latitudini e si conservava a lungo, era facilmente trasportabile e nutriente.

Le grandi civiltà (Cinesi, Egizi, Sumeri e Assiri) conoscevano bene la coltivazione di questa pianta. I Greci e Romani si alimentavano prevalentemente d’orzo (pane e zuppe), e ancora nel I° sec. Plinio il Vecchio poteva raccontare che nelle città greche i gladiatori erano alimentati con l’orzo.

Successivamente questo cereale dall’alto potere nutritivo perse la sua centralità alimentare per l’affermarsi del frumento, più adatto alla panificazione (maggior contenuto di glutine) e più digeribile.

Lo “hordeaum” divenne così un cibo rozzo da destinare alle classi inferiori (fondamentale fino a tutto il Medioevo), e i romani identificavano con il termine “hordearius” gli individui gonfi e pomposi o gli oratori indigesti.

Questo cereale rappresenta ancora oggi la principale fonte alimentare nei paesi del Medio Oriente e dell’Africa Settentrionale.

La sua trasformazione di maggior interesse prevede la maturazione dei frutti, attraverso cui si ottiene il malto, ingrediente necessario per preparare birra e whisky, o per insaporire i fiocchi di cereali.

Con il cosiddetto orzo perlato, che ha granelli lavorati bianchi e tondeggianti, si fanno minestre e zuppe (soprattutto in Alto Adige e Friuli), mentre l’orzo definito “mondo” è più adatto a preparare un surrogato del caffè.

Il caffè d’orzo, termine usato impropriamente in quanto non utilizza chicchi di caffè, dall’Ottocento e fino alla seconda metà del secolo scorso ha fatto parte con il latte e il pane secco della colazione tradizionale contadina.

La tostatura del cereale era un piccolo rito da farsi davanti al focolare, dove si girava lentamente la tostatrice scaldata dalla cenere del fuoco.

Ancora durante la seconda guerra mondiale l’orzo era una bevanda di vasto consumo (preparata assieme al miele diventava una super medicina), ma negli anni ’50 con la diffusione del benessere nei vari strati sociali, il caffé d’orzo passò ad essere somministrato sopratutto alle persone anziane e ai bambini.

Verso gli anni ’70 c’è stata la ripresa del consumo di questa bevanda per l’affermarsi della coscienza salutistico alimentare. Oggi al bar il caffé d’orzo costa più del classico caffé espresso.

Argomenti:sapori fvg

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto