Il Picolit di Dario Coos tra i top 50 vini italiani, ma c’è poco Friuli

UDINE. Sboccia il fenomeno dei vini bianchi, ma nella classifica Biwa 2019 (Best italian wine awards) delle 50 migliori bottiglie italiane, c’è poco, pochissimo Friuli. Premiato un vino di nicchia, il Picolit di Dario Coos 2016, che si piazza al 27esimo posto.
E poi gloria solamente per la Vitovska 2017 di Zidarich, un noto produttore del Carso, che si colloca alla posizione numero 43. I riconoscimenti ai nostri bianchi finiscono qua, mentre Alto Adige con 5 premi e Trentino con 2 fanno la parte del leone nel Nordest.
La graduatoria Biwa è quella che apre la stagione dei premi enologici, ma è una delle più autorevoli, perchè tutti gli assaggi sono alla cieca e la giuria è internazionale, con esperti americani, cinesi, inglesi, spagnoli, giapponesi, austriaci, oltre alla pattuglia di italiani guidata dagli ideatori della classifica, il sommelier già campione del mondo Luca Gardini e il critico Andrea Grignaffini.
Le premiazioni ufficiali si terranno lunedì 16 settembre, a Milano. In tutto i bianchi in classifica sono 16, ed è un record. Il podio è formato dal Sassicaia 2016 della tenuta San Guido, seguito dal Barolo Monvigliero 2015 Burlotto e dal Terminum 2016 della cantina altoatesina Tramin.
Tiene alto il nome del Friuli il Picolit di Dario Coos. Vitigni naturalmente a Ramandolo, 1000 ricercatissime bottiglie la produzione annua, ma un risultato, evidentemente, di grande pregio, visto il 27esimo posto in classifica.
I titolari dell’azienda, che ha mantenuto il nome dello storico proprietario, sono 5 amici udinesi: Maurizio Variola, Roberto Zanini, Francesco Persivale, Luca Francescon e Giovanni Cristofoletto, coadiuvati dall’enologo Matteo Lovo.
«La nostra filosofia - racconta Variola, uno dei titolari - è quella di valorizzare i vitigni autoctoni. Siamo molto felici del premio perchè è una lista importante, con una giuria di livello internazionale».
La Dario Coos imbottiglia tre rossi autoctoni come Refosco, Pignolo e Schioppettino, bianchi quali Ribolla gialla, Malvasia, Friulano e Ramandolo, oltre al Picolit, e un po’ di Pinot grigio e Chardonnay.
Gli ettari coltivati sono 3,5 di proprietà e altri 9 in affitto, nell’area collinare tra Nimis, Ramandolo e Tarcento. Anche Maurizio Variola ritiene che nella Biwa 2019 ci sia troppo poco Friuli.
«Siamo gli unici rappresentanti del territorio - spiega - ci fa piacere, certo, ma abbiamo tanti altri bravi produttori. Qua forse stiamo ancora cercando un’identità, un vino che ci rappresenti. Altre regioni, penso al Trentino, ma anche alle Marche, alla Campania, lo hanno fatto e si vedono i risultati.
Dovremmo noi proporre al mercato qualcosa che ci rappresenti e fare squadra. Prima abbiamo perso il treno dell’ex Tocai (oggi Friulano), adesso corriamo il rischio di perdere quello della Ribolla gialla.
Negli Stati Uniti ogni regione italiana ha un vino simbolo, invece quando si parla di Friuli si citano Jermann e Felluga: due grandissimi, ma questo non basta per far crescere tutto il settore».
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