Il pittore Celiberti racconta la sua arte in osteria a Maniago
Appuntamento con l'artista Giorgio Celiberti, oggi alle 18.30, all'osteria Vecchia anima di Maniago. Un incontro organizzato dall'associazione Rinnovamente, in collaborazione con L'artistica e Liberamente. A intervistare il pittore e scultore stimato e riconosciuto in tutto il mondo per la sua arte sarà Marco Muniz.
Un'occasione importante, per conoscere un artista di casa. Celiberti è nato infatti a Udine nel 1929. Ha cominciato giovanissimo a dipingere: appena diciannovenne, ha partecipato alla Biennale di Venezia del 1948, la prima del dopoguerra.
Intense le frequentazioni con Carlo Ciussi, Marco Fantoni, e Romano Parmeggiani, che negli stessi anni vissero a Venezia un periodo di formazione. Sulle orme dello zio Modotto, uno dei più importanti pittori udinesi degli anni Trenta, protagonista, assieme ai fratelli Basaldella (Afro, Dino e Mirko) a Filipponi e a Candido Grassi, del rinnovamento in senso novecentista dell’arte friulana, Celiberti agli inizi degli anni Cinquanta si trasferì a Parigi, dove entrò in contatto con i maggiori rappresentanti della cultura figurativa d’oltralpe.
A Bruxelles, dove ebbe modo di completare le proprie ricerche sull’arte d’avanguardia. Dal 1957 al 1958 fu a Londra: erano gli anni in cui dominava l’espressionismo di Bacon e Sutherland.
Viaggiatore instancabile, curioso, assillato interiormente da una febbre di novità e di conoscenza, soggiornò negli Stati Uniti, in Messico, a Cuba, in Venezuela. Da queste esperienze trasse un repertorio di segni, di tecniche, che ha rielaborato negli anni successivi. Al rientro in Italia si trasferì per un lungo e fruttuoso periodo a Roma, dove frequentò gli artisti di punta del panorama italiano.
Il ritorno a Udine, verso la metà degli anni Sessanta, ha consentito a Celiberti di avviare un lavoro di riflessione su se stesso, che dura tuttora, ricco di esiti creativi caratterizzati sempre da una divorante ansia di sperimentazione. Nel 1965 accadde un fatto destinato a modificare in senso radicale la sua arte.
Visitò il lager di Terezin, vicino Praga, dove migliaia di bambini ebrei, prima di essere trucidati dai nazisti hanno lasciato testimonianze della loro tragedia in graffiti, disegni, in brevi frasi di diario e in un libretto di poesie, testimonianze toccanti della loro tragedia. Nel 1975 i Muri Antropomorfi scaturirono dalla riflessione sui reperti della necropoli di Porto, a Fiumicino, della Roma paleocristiana, di Aquileia romana e di Cividale longobarda.
A partire dagli anni Sessanta si è dedicato specificatamente alla scultura, anche se la sua attività creativa si è caratterizzata, con sempre maggiore accentuazione, per un originale simbiosi tra l’espressione plastica e pittorica. Le prime opere in bronzo, in pietra e in ceramica sono dedicate ai temi monumentali dei cavalli e cavalieri, seguiti da un originale galleria faunistica: gatti, uccelli, capre.
Successivamente, la scultura abbandona l’impostazione di grandiosità monumentale per intessere un colloquio privato con le tracce di un passato ancestrale, che sembrano affiorare da un inconscio collettivo, di cui l’artista si pone come l’ispirato portavoce. In affinità con le tematiche “Archeologiche” della pittura, nascono le Schegge, le Stele, che ricordano remote pietre tombali incise di enigmatiche iscrizioni geroglifiche, i Bassorilievi, simili a lacerti di civiltà perdute affondate in un passato immemorabile.
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