Il pm: la firma Udc non era falsa e ora Barillari finisce nei guai

UDINE. Due anni fa, se ne era parlato come del “giallo” delle firme. Era aprile e, attorno all’esposto dell’allora consigliere comunale Giovanni Barillari per la presunta falsificazione del suo nome in calce al documento che avrebbe sancito il passaggio delle consegne dal presidente del gruppo consiliare Mirko Bortolin al successore Piergiorgio Bertoli, si era definitivamente consumata la spaccatura tra le due anime dell’Udc. Ora, di fronte a uno scacchiere politico completamente rinnovato e dopo l’insediamento di Barillari in Consiglio regionale, l’unica che continua a occuparsi di quella “querelle” è la Procura di Udine. I termini, però, sono sostanzialmente cambiati. Archiviata l’ipotesi del falso che era stata formulata nei confronti di ignoti, il pm ha ritenuto di dover aprire un nuovo procedimento penale, questa volta a carico dello stesso Barillari e per l’ipotesi di reato della calunnia ai danni degli ex “rivali” di partito Bertoli e Fabrizio Anzolini. Un autentico boomerang, insomma, dal quale l’esponente dell’Udc - in Regione sugli scranni del Gruppo misto - si difenderà nel corso dell’interrogatorio chiesto dalla difesa e fissato davanti al magistrato per sabato.
Il casus belli. Tutto era cominciato con il deposito, nella segreteria generale del Comune, dell’atto con il quale il gruppo consiliare dell’Udc comunicava la destituzione del presidente Bortolin e il suo avvicendamento con Bertoli. Il documento risultava sottoscritto da Anzolini, Barillari e dallo stesso Bertoli. Di lì a qualche settimana, però, Barillari aveva protestato la propria estraneità da quella decisione, negando di avere mai firmato il documento. Duplice la strada intrapresa dall’ex assessore della prima giunta Honsell per marcare le distanze dall’accordo: da un lato, con un fax fatto pervenire a palazzo D’Aronco, Barillari aveva ribadito di non riconoscere come propria la firma, e dall’altro, con un esposto in Procura, aveva chiesto che si facesse luce sul caso.
Consulenti a confronto. Raccolta la segnalazione e aperto un fascicolo per l’ipotesi di falso in atti a carico di ignoti, il pm Lucia Terzariol aveva delegato le indagini ai carabinieri e incaricato un consulente della verifica della firma. L’accertamento, eseguito comparando la firma in contestazione con quelle apposte da Barillari su altri documenti, aveva escluso essersi trattato di una scrittura apocrifa e convinto il magistrato a chiudere lì la vicenda. Per nulla persuaso dalle conclusioni del consulente del pm e forte, anzi, di una consulenza di parte capace di dimostrare che la falsità della firma, il difensore di Barillari, avvocato Alberto Tedeschi, aveva deciso di opporsi alla richiesta di archiviazione. Neppure questo, però, era bastato per convincere il gip Paolo Milocco a disporre una super perizia e rimettere la faccenda in discussione.
I dubbi della Procura. Tornati al pm, però, gli atti erano stati sottoposti a un nuovo vaglio che aveva aperto la strada a una diversa pista investigativa. Incaricato il consulente di un ulteriore approfondimento, sulla base delle osservazioni proposte dalla difesa, e ottenuta una conferma sull’autenticità della firma, il magistrato ha ritenuto di dover procedere all’iscrizione di Barillari sul registro degli indagati per l’ipotesi di reato della simulazione di reato. Il successivo interrogatorio del consigliere regionale l’aveva poi indotta a modificare l’imputazione in quella della calunnia. Ed è di questo che Barillari dovrà rispondere sabato, nell’interrogatorio chiesto dall’avvocato Luca Zanfagnini - subentrato nel frattempo nella difesa -, dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Obiettivo: portare al pm quanti più elementi possibile, al fine di provare l’infondatezza della calunnia e ribadire l’assoluta consapevolezza di Barillari di non avere mai firmato quel documento.
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