Il ponte di “Bepi” l’uomo che salvò la Lignano isolata
Giuseppe Comand, 97 anni, ricorda l’alluvione del ’65 «Su una barca in mezzo alla corrente per ricollegare le rive»

LATISANA . Il 2 settembre è passato da qualche giorno. E l’acqua del Tagliamento ancora in piena non accenna a ritirasi. A Lignano ci sono i villeggianti, la stagione turistica in quell’inizio di settembre è ancora in corso. Ma la città è isolata da giorni. È possibile raggiungerla solo via laguna, da Marano. L’unica strada, quella a sud di Latisana è coperta d’acqua. Bisogna rimettere in sede il ponte di barche che collega Veneto e Friuli a Bevazzana. L’ordine è indiscutibile e arriva dal Genio civile.
Sono passati 52 anni da allora ma chi racconta questa storia ricorda ogni dettaglio. Come fossero passate poche ore e non mezzo secolo. Ha 97 anni e una memoria da fare invidia, Giuseppe Comand, protagonista di quell’operazione che riportò un collegamento con l’entroterra per Lignano, da dove passarono per giorni i rifornimenti alimentari e tutto quanto serviva a turisti e operatori.
Chi oggi ha circa quarant’anni quel ponte se lo ricorda di sicuro: 17 barche cementate del peso di 200 quintali l’una, legate fra loro e sormontate da una passerella, percorribile a pagamento: quando il Tagliamento esondò per la prima volta, il 2 settembre del 1965 il ponte era entrato in funzione solo da pochi mesi, pensato e ideato da due latisanesi, Ottavio Migliorini, scomparso da qualche anno e Bepi Comand.
Pochi giorni prima della piena, il ponte era stato sganciato dalla riva friulana e fissato parallelo alla sponda veneta, per evitare che la furia del Tagliamento già ingrossato dalla pioggia, lo trascinasse via. Poi arrivò la piena del 2 settembre, che allagò strade e terreni fino alla Litoranea Veneta, lasciando Lignano completamente isolata.
«Io e Ottavio fummo convocati con urgenza dal Genio – ricorda Comand – sorvolando la zona con un elicottero si erano accorti del ponte adagiato a riva e ci ordinarono di rimetterlo in sede. Era evidente la difficoltà dell’operazione dovuta al fiume ancora in piena e alla sua corrente fortissima. Facemmo un sopralluogo: la velocità dell’acqua era impressionante ma il generale presente ci disse che ci avrebbe dato qualsiasi mezzo ma che dovevamo farlo. Presi la decisione e comunicai il necessario. Un mezzo cingolato con un cavetto d’acciaio per tirare il ponte verso la sponda friulana. E in acqua un potente motoscafo sul quale salimmo io e due militari, che con la prua contro corrente tagliò l’acqua per accompagnare la traversata del ponte. Sulla riva friulana fummo presi letteralmente al volo – ricorda ancora Bepi Comand – fra gli applausi di quanti nel frattempo avevano raggiunto le due rive incuriositi dall’operazione. Per parecchi giorni il nostro ponte fu l’unico collegamento stradale per garantire i rifornimenti a Lignano e mi rammarica solo il fatto che nessuno mai ci ringraziò».
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