Il preside Bearzi arrestato per il crollo mortale a L’Aquila: resta in carcere 44 giorni

UDINE. Nel 2009 dirigeva il convitto “Domenico Cotugno” distrutto dal terremoto a L’Aquila. Quel crollo spezzò la vita a tre studenti, Luigi Cellini di 15 anni, Ondreiy Nouzosky di 17, e Marta Zelena di 16 (due rimasero feriti) e segnò anche quella del preside, Livio Bearzi (nella foto).
Il dirigente resta l’unico condannato per omicidio colposo plurimo e lesioni personali (più la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni): incarcerato lo scorso 10 novembre ha lasciato la cella l’antivigilia di Natale dopo aver ricevuto la solidarietà di colleghi, politici, gente comune e anche dalle famiglie delle vittime. Il caso Bearzi è rimbalzato sulle cronache nazionali.
Dopo una lunga trafila giudiziaria, lo scorso 10 novembre, la polizia accompagnò Bearzi in carcere su ordine della Procura generale della Corte d’Appello di L’Aquila, in esecuzione della sentenza definitiva di condanna a quattro anni di reclusione. Immediatamente il Friuli intero si schierò con il suo preside che al momento dell’arresto dirigeva il terzo istituto comprensivo di Udine.

Fu proprio la scuola a organizzare la raccolta di firma a sostegno della richiesta di grazia che i legali di Bearzi chiederanno al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Centinaia di persone hanno già risposto all’appello al quale sono seguiti incontri pubblici e assemblee organizzati anche dall’Associazione nazionale presidi (Anp).
Senatori e deputati di entrambi gli schieramenti hanno sollecitato il Parlamento a modificare le norme e, ora, i tecnici del ministero dell’Istruzione stanno valutando la possibilità di limitare la responsabilità dei presidi sulla sicurezza delle scuole ai soli locali che utilizzano per l’attività didattica.
Difficile dire se la movimentazione generale ha influito nella decisione del giudice di sorveglianza, Mariangela Cunial, che l’antivigilia di Natale ha accolto la richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali in via provvisoria.
Il prossimo 16 aprile sarà il tribunale di Sorveglianza a decidere se trasformare la misura da provvisoria a definitiva. Diverse le disponibilità ricevute da vari centri e istituzioni pronti ad accogliere il preside ai servizi sociali. Il programma sarà definito dall’Ufficio di esecuzione penale esterna.
Intanto lo scorso 24 dicembre Bearzi ha potuto riabbracciare la famiglia. «Ritrovarsi con la propria famiglia è la cosa più bella ci sia» ha dichiarato il dirigente scolastico nel definire «complicati» i 44 giorni trascorsi in cella assieme ad altri tre detenuti, leggendo la Bibbia in friulano e Kapuscinski in un ambiente dove - sono sempre le sue parole - «c’è molto dolore».
Al fianco del preside si è schierata anche la presidente della Regione, Debora Serracchiani, inviando al presidente della Repubblica la richiesta di condono della pena e annullamento dall’interdizione dai pubblici uffici.
«Permettere a Bearzi di uscire dal carcere è stato ragionevole» ha commentato la governatrice secondo la quale ora bisogna riconsiderare il rapporto tra danno, colpa e sanzione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto