Il professor Andrea Garlatti deve restiture 10.500 euro

UDINE. La richiesta di partenza aveva toccato quota 535.232 euro: tutti soldi che la Procura regionale della Corte dei conti riteneva dovessero essere restituiti all’università di Udine da un proprio dipendente a titolo di risarcimento del presunto danno erariale causatole in nove anni di doppio lavoro.
Quello di docente di Economia aziendale, appunto, e quello di libero professionista. Alla fine, la somma che il professor Andrea Garlatti, 55 anni, ex assessore regionale alla Funzione pubblica ai tempi della giunta Tondo, dovrà versare all’amministrazione ammonta a 10.500 euro. Questi sì, secondo la sezione giurisdizionale del Fvg che ha esaminato il caso, frutto di attività di consulenza svolta senza autorizzazione dell’ateneo pur se in regime di tempo pieno.
La sentenza è stata emessa dal collegio triestino presieduto dal giudice Paolo Simeon e depositata in questi giorni.
Del lungo elenco di contestazioni sollevate dalla Guardia di finanza di Udine - che aveva operato nell’ambito di una più vasta indagine sugli incarichi esterni dei docenti universitari condotta dal Nucleo speciale anticorruzione delle Fiamme gialle su impulso del Dipartimento della funzione pubblica della presidenza del Consiglio dei ministri -, la parte più dibattuta era stata quella relativa alle otto consulenze conferite a Garlatti dalla “Main srl”, di cui era contitolare insieme alla moglie, nel secondo semestre del 2009 per un compenso complessivo pari a 60 mila euro.
Un periodo particolare della sua vita professionale: nominato assessore regionale, il professore, che fino al 31 ottobre 2009 aveva espletato servizio a tempo pieno, era stato posto in aspettativa senza assegni.
Da qui, la decisione di donare alla moglie le proprie quote societarie e di optare per il tempo definito fino al 31 ottobre 2012. A tal proposito, la Procura aveva ritenuto illeciti anche i 98.100 euro di utili che gli erano stati distribuiti all’atto della liquidazione della società, avvenuta nel 2014.
I giudici hanno concluso per l’«insussistenza della colpa grave», concedendo a Garlatti, che nel procedimento era difeso dall’avvocato Laura D’Orlando, il beneficio del dubbio della «non lesività del proprio comportamento per l’amministrazione – scrive il giudice estensore Giuseppa Cernigliaro – non essendo in quel periodo in servizio e non percependo emolumenti dall’ateneo».
Diverso discorso, invece, per i due incarichi ricevuti nel 2014 e nel 2015 da una farmacia per la valutazione della propria situazione economico finanziaria e che gli aveva fruttato 10.500 euro. Dell’incarico, disimpegnato nella qualità di revisore legale, il professore aveva dato notizia all’università, qualificandolo però come consulenza tecnica occasionale, non soggetta ad autorizzazione in base al regolamento interno. Una prospettazione che Procura e sezione girisdizionale hanno bollato come impropria e che è costata a Garlatti la condanna per illecito erariale.
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