Il tatuaggio: dalle tribù antiche a boom planetario

Ecco come si è diffusa la pratica nel nostro paese. I primi tatuatori aprirono gli studi tra gli anni 70 e 80

UDINE. Il fenomeno del tatuaggio ha radici profonde, da tradizione intrisa di significati nelle tribù antiche come quelli rivenuti sulla mummia di Ötzi risalente all’età del rame, a fenomeno planetario che coinvolge un numero sempre maggiore di consumatori.

Questa progressiva diffusione è stata possibile soprattutto grazie a Samuel O’Reilly, noto tatuatore di New York che nel 1891 brevettò la prima macchina per tatuaggi elettrica segnando un momento estremamente importante nella storia del tatuaggio contemporaneo.

Per l’Italia, poi, la pratica massiva del tatuaggio risulta relativamente recente, basti pensare che i primi tatuatori professionisti aprono i loro studi tra gli anni 70 e gli anni 80 e che attraverso la prima tattoo convention internazionale che si tiene ai Mercati Traianei di Roma nell’aprile del 1985, i loro “segreti” vengono condivisi e le loro opere rese pubbliche.

La storia

Da ciò si evince che storicamente l’Italia non appare particolarmente sensibile al tatuaggio, sia per le proibizioni imposte dalla Chiesa, che per la concettualizzazione della relazione tra tatuaggio e degenerazione morale a opera di Cesare Lombroso.

Più precisamente Lombroso correlava il tatuaggio all’atavismo, identificandolo come un segno del male proprio di soggetti affetti da devianti patologie psichiatriche e lo definiva «come riproduzione di un costume diffusissimo tra le popolazioni primitive e tra i selvaggi, con cui i criminali hanno tante affinità (...) per la violenza delle passioni, la stessa torbida sensibilità, la stessa puerile vanità e il lungo ozio; e ancora l’atavismo come sostituzione di una scrittura con simboli e geroglifici alla comune alfabetica» (Lombroso C.,1996 pag. 178).

Dalla fine degli anni 60 in poi, la cultura del tatuaggio ha conosciuto una continua diffusione, progressivamente trasformandosi da segno di ribellione a pratica artistica “socialmente accettabile”. Nel 1989 la pubblicazione del libro Tatuaggi corpo e spirito segna l’affermazione del tatuaggio neo-tribale che enfatizza le qualità estetiche e morali dell’antica pratica quale via d’uscita dal conformismo e consumismo dilagante.

A fine anni 90, grazie alla proliferazione di immagini di rockstar tatuate, il tatuaggio si è ulteriormente affermato.

La diffusione delle reti tecnologiche e, in particolare, l’avvento di Web 2.0 nel 2004, con il progressivo sviluppo delle community, dei social network e delle pagine Wiki e la conseguente globalizzazione culturale, ha fatto del tatuaggio uno dei principali modelli comportamentali di massa.

Si è così passati in poco più di un decennio da un fenomeno poco diffuso a un dilagante ironic fad. Oggi si stima che il 12,8% della popolazione italiana da 12 anni in su, abbia almeno un tatuaggio facendo così fiorire un business che ha raggiunto i 100 milioni di euro l’anno, per un totale di oltre 2.700 imprese nel 2015 regolarmente iscritte all’Unioncamere e di circa 20.000 tatuatori irregolari.

Con la popolarità dei tatuaggi è cresciuto anche il numero di eventi a essi dedicati. Il mercato dei tatuaggi è in continua espansione e sembra non risentire in alcun modo degli effetti negativi della crisi economica.

Nel mondo globalizzato il tatuaggio riproduce e reinterpreta immagini di ogni tipo, da quelle iconiche e vernacolari della storia del tatuaggio occidentale, fino a motivi di matrice non occidentale che trovano origine nel misticismo, nell’esoterismo e nella geometria sacra.

Esso diventa così una forma di espressione ambigua, non autentica perché non coerente col corpo che la ospita, in quanto scelta entro un repertorio di matrici figurative consolidate in altri tempi e luoghi e, conseguentemente, spesso del tutto estranea all’originale.

Nella società dell’immagine la diffusione del tatuaggio ha portato alla preponderanza del lato estetico rispetto al mezzo espressivo, alla ricerca di un tatuaggio “bello” indipendentemente dal suo significato, per soddisfare un individualismo edonistico amplificato dalle attività di marketing e dalla cultura visiva della pubblicità.

L’idea che il tatuaggio possa essere considerato arte, al pari della pittura, scultura, disegno e altre arti decorative, appare oggetto di controversie.

Si è più inclini a definire il tatuaggio come una moda, anche se ciò appare una contraddizione, in quanto il tatuaggio è una decorazione permanente, mentre la moda tende al cambiamento per statuto.

Delineare i contorni della figura del tatuatore-artista, distinguendolo dal tatuatore-artigiano in modo univoco, appare un’impresa ardua perché l’artista risulta una figura sempre meno definita, l’opera diventa sempre più mutevole, il pubblico sempre più protagonista e soggetto decisivo di tale processo.

La figura emblematica che unisce l’artigianato e l’arte nel tatuaggio può essere individuata in Étienne Dumont, famosissimo critico d’arte svizzero, freelancer e collezionista d’arte. La sua peculiarità è quella di essere completamente tatuato, con varie installazioni sottocutanee, piercing e dilatatori.

Tatuaggio è arte

Le nuove tecnologie e i nuovi modi di esprimersi possono rendere diffidente un pubblico che, canonicamente, giudica l’arte in riferimento ai grandi maestri della pittura e della scultura.

La questione in sé ha già fatto scaturire divergenze: da un lato, nonostante il diverso supporto, c’è chi afferma il totale accordo nel definire il tatuaggio artistico, ideato da personalità innovatrici, come arte e che anzi, grazie a esso, si stanno riscoprendo il disegno e le tecniche pittoriche in senso stretto; viceversa, altre opinioni classificano anche i migliori tatuaggi solo come manufatti di ottimo artigianato, data la mancanza di teorie o convinzioni che provocatoriamente tentino di cambiare le regole della società.

Questo appare condizione necessaria per distinguere un artista da un bravo esecutore, ma non è di per sè sufficiente. Un ruolo fondamentale nell’operare tale distinzione è sicuramente quello svolto da diversi attori quali il mercato, la comunicazione, il pubblico e la rete di relazioni che il tatuatore è in grado di intessere per raggiungere una certa visibilità nel mondo del tatuaggio.

Ovviamente, tra artista in senso classico e tatuatore definito come artista, ci sono delle differenze notevoli nonostante i numerosi punti in comune, per tecniche ed estetica. Innanzitutto i tatuaggi, a differenza delle altre opere d’arte, non possono essere commercializzati, né “esposti” e inoltre sono mutevoli e variabili nel tempo perché invecchiano insieme ai corpi cui appartengono.

Per un artista è rilevante farsi conoscere da un pubblico, ad esempio tramite un gallerista che decide di esporre le sue opere nel suo spazio dedicato, in modo tale da ottenere visibilità, prima tra gli appassionati espandendo la propria cerchia di conoscenze e quindi fino ad arrivare, in rari casi d’eccellenza, al grande pubblico.

Oggi

Invece, per il tatuatore sono preminenti l’attività sui social, le convention, l’accesso alle nuove tecniche (innovazioni degli inchiostri, aghi, macchine e tecniche cicatrizzanti) e la notorietà dei propri clienti, per rendere il proprio lavoro visibile e migliore agli occhi degli appassionati e del grande pubblico.

Oggi il cliente è molto più consapevole e critico e riesce a distinguere le peculiarità di un tatuaggio ben eseguito da quelle di uno non riuscito. La diffusione e la conoscenza sono decisamente maggiori, tanto da creare un legame di reciproca fiducia tra tatuatore e tatuato.

Questo ha influito positivamente, tanto da portare il cliente, in alcuni casi, a lasciare libero spazio alla fantasia dell’esecutore.

Si riconferma così il tatuaggio come forma d’arte proposto da Sanders che, rielaborando il modello di Becker, afferma che il tatuaggio da subcultura è assurto a vera e propria forma d’arte grazie all’effetto di diversi fattori, tra cui vanno annoverati: l’innegabile originalità di alcuni tatuaggi altamente personalizzati; l’innovatività delle tecniche che consente di eseguire disegni sempre più elaborati; l’efficacia estetica delle immagini tatuate; la progressiva professionalizzazione del settore grazie anche alla regolamentazione igienico sanitaria delle attività e l’apertura interdisciplinare che consente alle pratiche del tatuaggio contemporaneo di rappresentare una pletora di stili e tradizioni artistiche diverse.

(docenti di marketing e management università di Udine)

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