Il vescovo nomina due “non sacerdoti” a capo del seminario di Vittorio Veneto

SACILE. Laici alla ribalta nella diocesi di Vittorio Veneto, dove il vescovo, monsignor Corrado Pizziolo, è stato uno dei primi ad affidare la conduzione temporanea di parrocchie a diaconi senza per questo rinunciare ai necessari servizi del prete.
Nei giorni scorsi, invece, monsignor Pizziolo ha nominato Alessandro Testa direttore e coordinatore dei servizi amministrativi del Seminario vescovile di Vittorio Veneto. Inoltre ha nominato il diacono Giovanni De Col economo del seminario.
La crisi economica ha in parte investito anche le strutture della chiesa e il vertice diocesano ha ritenuto opportuno ricorrere a due esperti. A Vittorio Veneto, del resto, c’è un laico anche alla guida dell’istituto di sostentamento del clero.
Movimenti si segnalano anche per quanto riguarda i sacerdoti. Sono state, infatti, comunicate ai consigli pastorali alcune nomine disposte dal vescovo Corrado. Don Ugo Cettolin lascia le parrocchie di Stevenà e Caneva per diventare il nuovo parroco di Mansuè e Basalghelle.
La cura della parrocchia di Caneva passa a don Luca Modolo, che già si occupa delle parrocchie di Sarone e Fiaschetti. Don Modolo diventa anche moderatore dell’Unità pastorale del Canevese inserita nella Forania di Sacile.
Monsignor Antonio Pianca lascia la guida della parrocchia di Fratta di Caneva, continuando però la collaborazione pastorale.
Fa discutere, intanto, la lettera scritta da monsignor Pizziolo assieme al vescovo di Treviso sull’accoglienza dei profughi.
«È un documento – ha spiegato il vescovo a Radio Vaticana – nato dall’esigenza di dire una parola pacata di discernimento sul tema dell’arrivo. Sono flussi la cui gestione pare a volta improvvisata provocando reazioni di preoccupazione, fastidio o rifiuto nella popolazione. Al riguardo non vo gliamo dare ricette ma fornire indicazioni per una riflessione. Si tratta, infatti, a nostro parere, di flussi gestibili».
Monsignor Pizziolo in proposito si è detto colpito dal fatto che molti invochino e applaudano Papa Francesco quando risulta comodo mentre quando denuncia la globalizzazione dell’indifferenza o la cultura dello scarto non lo ascoltino più.
«Di fronte a situazione come queste che invitano alla radicalità evangelica – ha sottolineato ancora il vescovo – c’è il rischio di essere cristiani solo di nome. Certo noi non abbiamo il diritto di giudicare ed affermare che chi non accoglie non è cristiano, lungi da noi farlo. Non vogliamo trinciare giudizi ma fornire criteri di riflessione per affrontare un problema che ci interpella. Ma che urgono soluzioni politiche».
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