Imprese sempre più banca-dipendenti: così il rischio chiusura aumenta LA TABELLA

I Giovani di Confindustria Fvg aprono un tavolo con la Febaf per cercare soluzioni al credit crunch. «Troppo piccole per usufruire di mini-bond: inevitabili aggregazioni, ricapitalizzazioni ed export»

TRIESTE. Crisi: imprese e finanza, ripresa possibile con un progetto comune. Da Trieste, parte confronto su priorità e urgenze tra Giovani imprenditori di Confindustria e Febaf (federazione banche assicurazioni e finanza). Ieri, nella sede di Confindustria Fvg, è stato organizzato un confronto dedicato all’accesso al credito, alle novità normative connesse alla finanza d’impresa, alle valutazioni e alle analisi sulle priorità del mondo imprenditoriale e dell’industria finanziaria.

L’accesso al credito è da tempo una questione centrale per la sopravvivenza e per il rilancio delle imprese. In particolar modo le società non quotate continuano a riscontrare difficoltà di reperimento dei finanziamenti, necessari sia per sostenere lo sviluppo, sia per rifinanziare l’indebitamento esistente.

Le aziende italiane, infatti, denotano storicamente una forte dipendenza dal sistema bancario, cui ricorrono per ottenere il 91% dei finanziamenti. Solo il restate 9% deriva da altri canali, contro il 13% della media europea e il 25% della Francia. In un contesto in cui le banche, a causa delle normative introdotte a livello comunitario e dell’attuale congiuntura economico finanziaria, la sofferenza delle imprese cresce.

Questo scenario ha spinto il Gruppo giovani imprenditori di Confindustria Fvg ad aprire un dialogo con Febaf per ragionare su soluzioni concrete al tema del finanziamento delle imprese. Allo stesso tavolo esponenti del sistema finanziario e del mondo delle imprese: Paolo Garonna, segretario generale di Febaf, che ha avviato e presieduto i lavori; Antonio Verga Falzacappa, presidente del Gruppo giovani imprenditori Confindustria Fvg; Innocenzo Cipolletta, presidente Aifi; Aldo Minucci, presidente Ania; Giuseppe Morandini, presidente Cassa di Risparmio Fvg; Simonetta Acri, direttore rete Italia Sace; Adriana Mauro, dirigente del dipartimento Impresa e internazionalizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico.

Oltre ai dati sull’accesso al credito, l’evento ha mostrato come alla luce dei recenti decreti «Sviluppo e crescita 2.0», si siano aperte le possibilità per il ricorso delle Pmi a nuovi canali quali per esempio i cosidetti mini-bond multiborrower, che tuttavia, al momento, non sono ancora sfruttati.

«Banche, assicurazioni, private equity, fondi di investimento - le quattro componenti di Febaf, ha dichiarato il segretario generale Paolo Garonna – possono mettere in campo un nuovo mix di strumenti finanziari tale da sostenere le nostre imprese ed alimentare lo sviluppo. Da Trieste avviamo un confronto concreto che raccoglie stimoli direttamente da chi sul territorio ogni giorno lavora e produce occupazione e ricchezza».

«L’attuale congiuntura impone la ricerca di nuove fonti di finanziamento che il mercato dei capitali, ancora poco sviluppato in Italia e in Europa, può offrire – ha dichiarato Simonetta Acri, direttore rete Italia di Sace –. I bond e i minibond sono tuttavia strumenti difficilmente accessibili per le nostre Pmi, perchè le loro dimensioni medie sono troppo piccole o il loro brand non è sufficientemente appealing per il mercato obbligazionario italiano ed estero».

«Tre sono le lezioni che le imprese devono cogliere dalla crisi per poter sopravvivere – ha concluso il presidente della Cassa di Risparmio Fvg, Morandini –: serve capitalizzare. Non sarà la dimensione a garantire la sopravvivenza, ma il livello di capitalizzazione. In secondo luogo, è necessario aumentare la percentuale di esportazione fino a raggiungere il 50%. Per farlo è fondamentale che le imprese investano in formazione e in promozione. Inoltre, in terzo luogo, le Pmi devono aprirsi sempre più a forme di aggregazione e alleanza tra loro, imprescinbili per raggiungere la dimensione necessaria a poter competere sui mercati internazionali».

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