In disco con lo slogan "Centro stupri", la Digos indaga mentre c'è chi vuole denunciare i protagonisti. E le ragazze offese si ribellano

La Digos della Questura di Udine ha avviato un'indagine nei confronti dei sette ragazzi che lo scorso fine settimana a Lignano Sabbiadoro, per festeggiare un compleanno, avevano fatto riservare un tavolo a nome «Centro stupri» all'interno di un locale notturno.
I ragazzi avevano realizzato anche una t-shirt con la medesima scritta. T-shirt che avrebbero indossato in quella o altre occasioni. Le ipotesi di reato sono istigazione a delinquere e incitamento all'odio razziale.
COSA SAPPIAMO DELLA VICENDA
- Sabato 20 maggio, un gruppo di ragazzi prenota un tavolo, sul quale campeggia una targhetta: "Centro stupri", postata poi sui social e che ha fatto il giro del web scatenando rabbia e indignazione
- Sono sette amici, tutti friulani e maggiorenni da qualche anno: rispondono alle critiche con una serie di messaggi sessisti e a sfondo razziale
- A quel punto alcune ragazze, che conoscono i sette, si ribellano e condannano pubblicamente quelle parole, inviando le foto alla redazione del Messaggero Veneto
- Soltanto dopo qualche giorno i protagonisti di questa brutta pagina di cronaca si pentono: "Abbiamo sbagliato, è stata una stupidaggine, chiediamo scusa a tutti"
Il secondo capo di imputazione è relativo alla fitta corrispondenza che i sette hanno avuto successivamente, sui social network, con quanti li contestavano. In alcuni post, i giovani usavano termini pesantemente offensivi nei confronti delle persone di colore e apostrofavano con parole irripetibili le ragazze che censuravano il loro comportamento. Per supportare le attività della Digos è stata coinvolta anche la Polizia postale. Da quanto si è appreso, l'attività investigativa è soltanto all'inizio e mira a precisare le varie responsabilità di tipo penale e amministrativo.
In questo caso è al vaglio la posizione del titolare del locale, che non solo ha accettato la prenotazione telefonica, esibendo sul tavolo riservato alla comitiva la scritta «Centro stupri», ma anche la decisione di non intervenire direttamente o chiamare le forze dell'ordine quando il gruppetto si è presentato.
In questo filone, l'indagine avrà tempi molto più celeri: è direttamente il Questore a disporre, se lo ritiene necessario, la chiusura del locale

La denuncia
Si sono sentite offese, preoccupate, vittime di una strisciante discriminazione di genere con cui non fanno i conti per la prima volta, che tuttavia mai si sarebbero aspettate da loro giovani coetanei.
È per questo che un gruppo di giovani ragazze udinesi ha deciso di “denunciare” quanto accaduto sabato 20 giugno, in discoteca a Lignano, “girando” foto e video al Messaggero Veneto, nella speranza che accendere il riflettore sull’episodio possa servire a disincentivare atteggiamenti simili.
«Ci siamo rimaste male perché gli autori di quel video sono persone che vediamo, salutiamo, con cui ci capita anche di uscire. Sono ragazzi che hanno sorelle, amiche, morose, dai quali non ci saremmo mai aspettate una cosa del genere», attacca la ragazza che, preso il coraggio a quattro mani, ci ha materialmente inviato le immagini accompagnate da un sms.
PER APPROFONDIRE:
Questo: «Le scrivo perché da ragazza, da donna, da figlia, da amica e da futura madre vorrei che un simile episodio venisse denunciato. Rabbrividisco a pensare che ancora oggi si scherzi su temi di questo tipo, quando i tentativi di sensibilizzazione sono stati tanti, ma forse non ancora abbastanza».
La rabbia delle ragazze
All’ennesimo tentativo ha dunque deciso di dar fiato lei assieme alle amiche. Giovani e giovanissime, intorno ai vent’anni, che quelle parole se le sono ritrovate bloccate in gola, come un boccone troppo grande da deglutire.

Meglio sputarlo allora, dire a voce alta la propria disapprovazione, dimostrando che a vent’anni il pensiero può correre veloce e guardare lontano.
IL MEA CULPA DEL GRUPPO DI RAGAZZI
«Sono ragazzi giovani quelli che hanno scritto quelle parole, il futuro della nostra società, sembreranno forse luoghi comuni ma è quello che abbiamo pensato, perché dalle generazioni di oggi ci aspettavamo più sensibilità. Scherzano su una cosa che non conoscono – dice ancora la giovane –. Non sanno nulla di cosa significa essere donne...».
Quella frase lasciata a metà è un invito a continuare. Perché, cosa significa? «Che ci sentiamo continuamente osservate in un determinato modo, non sicure. Io abito a Udine, ma quando mi capita di tornare a casa tardi la sera, quando devo fare un tratto a piedi da sola in centro, se trovo un uomo cambio strada».
I commenti che pesano
Le occhiate e i commenti, di giovani e non, pesano. Le ragazze raccontano di avere spesso paura. A Udine? «Sì, a Udine. Mi è capitato anche in pieno giorno all’interno di un supermercato con uomini che mi guardavano con insistenza, ci sono rimasta male, mi sono spaventata».
LE REAZIONI
E si chiede: «Che cosa può succedere se finisco, se finiamo nel posto sbagliato?».
Uno schiaffo
Domande che si sono fatte ancor più pesanti davanti allo slogan scelto dai coetanei per festeggiare il compleanno di uno di loro: “Centro stupri”. Alle ragazze è sembrato uno schiaffo, una sberla ricevuta da chi credevano loro complice. Non tutti sono così per fortuna.
«Io sono contenta delle persone che mi circondano – continua lei – e proseguo a guardare al futuro con speranza. Spero di essere una donna indipendente, di lavorare, di diventare mamma, di avere una famiglia. Per me voglio un domani con persone migliori.
E non mi scoraggio – conclude la giovane friulana – cercherò di realizzare tutti questi sogni ma non nego che un episodio come quello di sabato mi spaventa perché lascia intravvedere un po’ di cattiveria e tanta superficialità».
«Nessuna riservatezza, li denuncio»
«Non è una ragazzata, sono giovani, ma adulti! Hanno la patente di guida e ed il diritto di voto. Quello che hanno fatto è molto grave. Questi uomini non capiranno mai la gravità dell’errore finché non saranno chiamati a risponderne giuridicamente e mediaticamente. I loro volti e i nomi vanno pubblicati da tutti i media. Del resto loro stessi hanno pubblicato, sui social, la propria immagine mentre indossano quella schifosa maglietta.
Non hanno alcun diritto alla riservatezza, che spetta invece alle vittime di violenza. Le ragazze che li incontreranno, d’ora in poi, devono poter conoscere i loro volti per stare loro lontano». È quanto sostiene, in una nota, Cinzia Del Torre, coordinatrice regionale delle Donne democratiche.
«Personalmente - continua la Del Torre - sto valutando di presentare una denuncia per apologia di reato, ma sarebbe importante farlo insieme ad altre donne e associazioni femminili o centri anti-violenza.
Di fronte a simili fatti serve una mobilitazione collettiva, è infatti assurdo che un gruppetto di ragazzi, con magliette che inneggiano allo stupro, abbia potuto circolare liberamente da San Daniele fino a Lignano, senza che nessuno - conclude - mai li fermasse, né un genitore, né un amico, né un ristoratore o un gestore di locale pubblico»
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